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martedì 13 novembre 2012

Il manuale del giovane precario - L’insostenibile leggerezza del curriculum vitae


Proprio quando finalmente decido di buttarmi, leggiadra e senza paura, nella danza della ricerca di un’occupazione tra i siti dedicati alla ricerca o all’offerta di lavoro on-line, su miojob.repubblica.it leggo che dal mercato degli annunci di lavoro sul web arrivano pochissimi riscontri positivi e che a settembre le ricerche di personale su Internet sono state inferiori al due per cento rispetto allo stesso mese dello scorso anno.
Ormai, però, mi sono lanciata e decido di portare avanti il mio piano d’azione contro il precariato ed inizio a creami un account su alcuni dei siti dedicati al lavoro.

Dove aver consultato svariati forum e andando un po’ a simpatia, decido di iscrivermi a: miojob.repubblica.it del quotidiano La Repubblica; trovalavoro.it del Corriere della sera; www.monster.it; www.cliclavoro.gov.it il portale per il lavoro del Ministero del Lavoro e delle Politiche del Lavoro; www.borsalavoro.toscana.it della Regione Toscana; www.infojobs.it; www.lavoro.org.

La maggior parte dei siti prevedono la compilazione di un profilo, che in alcuni casi può essere collegato a quello di Facebook, e la pubblicazione di un curriculum vitae ricercabile dalle aziende. Niente di particolarmente complicato: bisogna parlare di sé, della propria formazione e delle precedenti esperienze lavorative. E allora perché non riesco a concludere la compilazione di un profilo come si rispetti o, almeno, come spiegano le cortesi e puntuali indicazioni fornite dagli espertoni dei vari siti? Sarà quel pulsantino, in fondo a destra della pagina, con indicato “carica il tuo CV” e quella miriade di informazioni, consigli e dritte ammiccanti che circondano la pagina e che, promulgando una competenza e un’affidabilità che a me mette solo ansia, cercano di inculcarci nella testa l’importanza fatale di quello che scriviamo?

Tanto per fare qualche esempio, Monster.it insegna: “Tutto comincia dal Curriculum Vitae: la ricerca di un lavoro, la speranza di essere chiamati per un colloquio. (…). Il CV risponde alla domanda: - Perché l’azienda dovrebbe investire il suo tempo e il suo denaro su di me?-“. “La presentazione del proprio Curriculum Vitae è la prima impressione, quella su cui puntare tutto: dimostrare di essere candidati ideali è difficile, ma non impossibile”. “La parola chiave è differenziazione. Ma come uscire dalla massa di CV che arrivano numerosi ogni giorno nelle caselle di posta elettronica o sulle scrivanie di selezionatori e responsabili delle risorse umane?”. Dal motore di ricerca dal Corriere della Sera: “Per scrivere un buon curriculum, cioè che possa davvero interessare chi lo legge, non bisogna commettere l’errore (davvero comune) di descrivere una storia piatta e generica, validi per tutte le occasioni. (…) E’ bene ricordare che la propria storia professionale non ha un valore assoluto, ma di volta in volta quello che il nostro interlocutore le attribuisce, rispetto alle specifiche esigenze di copertura del determinato ruolo”. Invece sul sito della Regione Toscana, che parla addirittura di “arte di scrivere il CV”, leggo: “un CV non deve essere scritto pensando ad un lavoro in particolare ma deve potere essere utilizzato in diverse circostanze. Così sarò possibile concorrere per 10 differenti lavori in un solo giorno poiché andrà compilata solo la lettera di accompagnamento che dovrà essere di poche sintetiche righe.”

Invece di chiarirmi le idee, questi consigli fanno scaturire in me un fiume di domande dal tono decisamente polemico e tendenzioso: ma perché devo dimostrare di essere un “candidato ideale”? Uscire dalla massa? Ma di che massa stiamo parlando? Della moltitudine di precari e disoccupati risultato di scelte politiche condivise che scaricano il peso della crisi sulle classi medio-basse e che continuano a ripeterci che dobbiamo adattarci e accettare i sacrifici? Concorrere per 10 differenti lavori in un solo giorno? E’ vero che ormai trovare un lavoro è come vincere la lotteria, ma allora che dobbiamo fare: comprare più biglietti per aumentare le probabilità?

In un post di qualche mese fa, dopo aver letto un articolo de L’Espresso dal titolo Dammi il tuo curriculum e ti dirò chi sei, avevo già raccontato le mie perplessità nei confronti dei suggerimenti che, come formule magiche, vogliono far credere di avere la chiave per uscire dallo stallo della disoccupazione, della precarietà e avevo concluso con la considerazione che non sarei stata capace di scrivere un curriculum vitae interessante. Oggi mi rivaluto e mi dico che forse la mia incapacità di redigere un CV che mi soddisfi è il riflesso di un rifiuto a scendere a patti con un sistema di reclutamento che trovo arbitrario e frivolo. Non credo che sperare di trovare un lavoro sbattendo le proprie capacità e competenze sulle vetrine dei siti che si occupano di lavoro possa offrire dei risultati concreti e soddisfacenti. Per esperienza diretta e per la situazione che sto vivendo in questo periodo, penso che un passo fondamentale per una riforma del lavoro rivolta a diminuire il precariato e la disoccupazione, sia quello di creare dei veri e proprio momenti di incontro tra richiesta e offerta di lavoro, valorizzando in toto l’esperienza e la formazione dei candidati, dando la possibilità, anche a chi a colpo d’occhio non sembra il candidato ideale, di dimostrare le proprie capacità di apprendimento e di interazione. Non si tratta di buttare là degli slogan per far prediligere un detersivo a un altro fra la miriade di prodotti che troviamo su uno scaffale del supermercato: si tratta di esistenze, carriere ed anni di impegno nello studio che hanno diritto ad una vita dignitosa.




sabato 23 giugno 2012

Dammi il curriculum e ti dirò chi sei


Sul numero della rivista L’Espresso del 21 giugno 2012,  ho letto un articolo dal titolo Dammi il curriculum e ti dirò chi sei, in cui il giornalista Maurizio Maggi riporta, su suggerimento di esponenti di importanti aziende italiane, una serie di consigli su come redigere il proprio curriculum vitae di successo. 

Non posso farmelo sfuggire - penso! - spedisco curriculum a destra e a manca, quasi quotidianamente, senza ricevere due parole di risposta: stai a vedere che sto sbagliando tutto e che ora trovo la soluzione dei miei problemi di lavoratrice precaria!

“Meglio in formato elettronico e lungo al massimo due pagine”: fin qui ci siamo. Meglio evitare la foto o preferire un “sobrio primo piano”, pure qui!, tanto l’idea di mettere la mia fotografia non mi sfiora neanche lontanamente. Deve essere redatto in maniera semplice e con le notizie rilevanti che spiccano: anche in questo il mio curriculum vitae d’assalto  dovrebbe essere abbastanza soddisfacente.

Ma incomincio ad andare in crisi quando leggo che, secondo Paolo Citterio, il curriculum deve essere “sincero e propositivo”.  

Sincero? Ma se ogni volta che sto per spedire il curriculum ad una di quelle aziende che inseriscono sul loro sito l’opzione Lavora con noi, passo tre quarti d’ora a riflettere se indicare o no la laurea perché temo di venire scartata immediatamente! 

Propositivo? Nel senso che devo avanzare qualche suggerimento all’azienda? Sto caldeggiando la mia assunzione, più propositiva di così! Queste parole mi chiariscono il senso del termine propositivo:  “Un neolaureato deve farsi avanti, andare ai convegni o scrivere direttamente ai capi del personale, non avendo paura di sintetizzare in poche righe, accanto al cv, un proprio progetto per l’azienda in cui aspira lavorare”. 

A questo punto mi rendo conto che il mio curriculum vitae in formato europeo è decisamente demodé e alquanto banale, ma, allo stesso tempo, mi domando quanto - tutti quegli esperti di successo - si rendano veramente conto dell’odissea di chi, neolaureato o no, cerca lavoro.

L’articolo si conclude  con un accenno al cosiddetto Referral, un sistema di assunzione molto in voga nelle multinazionali Usa e che consiste in una raccomandazione di un dipendente interno, alla luce del sole, di un candidato. Inutile dilungarsi su quello che vorrebbe dire importare questo sistema nei paludosi e ben poco limpidi meccanismi di assunzione delle aziende italiane, dove, come conclude Maggi, “raccomandare con trasparenza è una chimera”.

Così, dopo aver appurato la mia incapacità di stendere un curriculum vitae interessante, mi raffido alla parole dell’infallibile Renato Zero:

Faccio in fretta un altro inventario…
Smonto la baracca e via!
Cambio zona, itinerario,
Il mio indirizzo è la follia!
C'è un infelice, ovunque vai…
Voglio allargare il giro dei clienti miei…
Io vendo desideri e speranze,
In confezione spray. 




Sara C.

 
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