Si avvicina la fine dell’anno e svanita la minaccia della fine del
mondo che, se non altro, avrebbe portato via tutti i problemi e i pensieri che
ci tengono svegli, è tempo di fare un po’ di ordine nelle nostre vite di
lavoratori precari e di disoccupati alla costante ricerca di qualcosa da fare.
Vorrei che l’elenco dei buoni propositi per il 2013 consistesse in tre
semplici, chiari e concisi punti:
1. impegnarmi a trovare un lavoro con un contratto a tempo
indeterminato
2. non essere pigra e non perdere tempo
3. non perdermi d’animo ed evitare gli sbalzi d’umore.
D’altra parte, da tre mesi a questa parte, ovvero dalla scadenza del
mio ultimo contratto a tempo determinato, ho imparato tre lezioni semplici,
chiare e concise:
1. seppur seguendo alla lettera i consigli che aiutano a trovare
lavoro, attualmente, mi sento di poter dire che è praticamente impossibile
trovare un impiego, dignitoso o meno, con un contratto a tempo indeterminato.
2. detesto la pigrizia e ancora di più perdere tempo. Ma la cosiddetta
“crisi” non tiene conto dell’impegno, della
perseveranza e della determinazione delle persone che hanno voglia di combinare
qualcosa di costruttivo per sé e per gli altri e, inesorabilmente, va avanti arricchendo
la disonestà, l’egoismo e la corruzione che l’hanno generata e chi non
partecipa a questo festino tra sciacalli si ritrova immobilizzato e impotente.
3. non è facile non perdersi d’animo, arrabbiarsi ed evitare gli sbalzi
d’umore ma se c’è qualcosa di utile ed importante in cui impegnarsi è proprio
mantenere il controllo di se stessi, essere lucidi e non crogiolarsi in un fin
troppo facile vittimismo. Anche se le previsioni per una ripresa economica e un
aumento dell’occupazione per il 2013 sono disastrose, darsi per vinti è il
peggior male possibile. Non voglio dare lezioni di vita a nessuno: non ho né le
capacità né il ruolo. Piuttosto rifletto
a voce alta, riorganizzo i miei pensieri e faccio i miei piani per il
futuro. Se ormai sono consapevole che
mettercela tutta non servirà a trovare un lavoro, chiudersi in se stessi e
dirsi che impegnarsi non serve a niente è solo un comportamento che ci fa del
male e che aiuta chi agisce in maniera disonesta a raggiungere più facilmente i
propri interessi.
Chi oggi è senza lavoro e vive in una condizione di precariato
lavorativo e, di conseguenza, sociale non è un incapace, ma rappresenta, suo
malgrado, il risultato di scelte politiche ed economiche rivolte solo al
tornaconto personale o di pochi privilegiati, di un sistema clientelare dove
sussiste ancora la logica mafiosa della famiglia e dove le strategie di
sviluppo sono un mero scambio di favori. E per superare tutto questo non
bisogna isolarsi, considerarsi perdenti e pensare di cavarsela con qualche
scappatoia: servirebbe solo a peggiorare le cose e a diventare complici. Non
bisogna considerarsi vittime ma individui responsabili e dotati di capacità da
far valere per la propria crescita personale e da condividere con gli altri, è
così che possiamo cambiare le cose. Mi rendo conto che possono sembrare parole
utopiche e fuori luogo ma la situazione è talmente caduta in basso, che per
ottenere dei risultati bisogna puntare in alto, essere ambiziosi ed avanzare le
proprie pretese.
Per questo motivo, uno dei mie buoni propositi per l’anno che verrà
sarò quello di impegnarmi ad essere parte del cambiamento, sia partecipando a
nuove iniziative che stanno nascendo (come la campagna Io Voglio Restare), sia imparando a
conoscere e collaborare alle attività di sindacati e realtà associative che da
tempo si occupano di lavoro e diritti (per esempio la campagna della Cgil Ricostruiamo l'Italia). Il
Manuale del giovane precario, senza rinunciare a mettersi in prima linea nella
sperimentazione dei consigli, più o meno ortodossi, per cercare un lavoro,
diventerà, o almeno si proporrà di farlo, un aiuto per conoscere ed entrare in
contatto con chi si impegna, in maniera diretta, per essere artefice di un
cambiamento reale.