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mercoledì 17 ottobre 2012

Italian Life - Aborto e Precariato

In ogni medical drama che si rispetti arriva sempre la puntata in cui qualche problematica adolescente, per svista o per violenza, rimanga incinta e decida, vuoi perché è troppo giovane, perché si trova in una situazione di indigenza oppure perché ha deciso di ritornare sulla retta via, di dare il figlio in adozione ad un’accogliente, serena e garbata famigliola. Nella maggior parte degli episodi, però, succede che la giovane e sprovveduta madre, al contatto con il tenero pargoletto, decida di sfidare le insidie della vita e scelga di tenere il figlio con sé: a questo punto, a parte qualche secondo di amarezza per i genitori adottivi mancati, tutto si tinge di rosa/celeste, i problemi insormontabili svaniscono e la ragazzina spettinata e imprudente si trasforma in una giovane donna risoluta e sicura di sé. Come si dice: “sono telefilm”, “è solo fiction”.

E' solo fiction, e non ci sono dubbi, perché la situazione, almeno in Italia, è ben diversa. La giornalista Laura Bastianetto, in un articolo pubblicato su Scienza e Salute, racconta il suo viaggio nel reparto per l’interruzione volontaria di gravidanza (Igv) dell’Ospedale San Camillo-Forlanini di Roma dove ogni giorno si effettuano dieci interventi tra quelli chirurgici e quelli medici (pillola Ru 486).  La Dott.ssa Giovanna Scassellati, responsabile del reparto, alla domanda su chi siano le donne che scelgono di sottoporsi all’interruzione di gravidanza, dichiara:
“Tra il 2010 e i primi 8 mesi del 2012 abbiamo assistito solo 4 minorenni, più di una buona fetta nella fascia d’età tra i 18 e 25 anni, con un picco tra i 26 e i 45. Per il 45% si tratta di ragazze con diploma, il 35% ha la laurea e il restante 20% l’attestato di scuola media”. 


E, durante i colloqui con lo psicologo, alla domanda sui motivi che hanno portato alla decisione di interrompere la gravidanza, le pazienti forniscono sempre risposte riconducibili alla crisi economica : “precarietà lavorativa”, “mancanza di risorse economiche”, “sono disoccupata”, “non posso lasciare il mio lavoro per accudire il bambino”, “mio marito è disoccupato”, “questa gravidanza mette a rischio l’attività lavorativa”, “non sono pronta ad avere un altro figlio”. Si tratta di donne adulte, con relazioni stabili, occupate, con livello di istruzione medio alto che decidono di abortire perché rischiano di perdere il lavoro.

D’altra parte, proprio l’altra settimana, il nostro Premier Mario Monti, durante la visita alla Barilla in occasione dell’inaugurazione dello stabilimento di Rubbiamo, si rivolge alla cittadinanza dicendo “Il mondo ci sta guardando per come questa popolazione sta reggendo a questa prova dura e amara, dando prova dell’appartenenza a un Paese che forse si sta rendendo conto che sta cambiando per il meglio. (…) Il popolo italiano sta dando il meglio di sé”.
A questo punto, mi chiedo: ma sto guardando un servizio del telegiornale o un fiction di Raiuno? Oppure: ma Monti conosce veramente la situazione del paese che sta governando o si aggiorna guardando I Cesaroni con Elsa Fornero?
Vabbé, vista la realtà, voglio sprofondare anch’io nella finzione e chiudo lasciandovi con una frase del film American Life:

I bambini resistono. Sono predisposti geneticamente. Sono già fottuti usciti dalla pancia, avranno un cellulare, se la caveranno!





 
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