Lavorare
stanca era il titolo di una raccolta di poesia di Cesare Pavese. Italo Calvino
parlando del poeta lo definì "un ragazzo nel mondo degli adulti, senza
mestiere nel mondo di chi lavora, senza donna nel mondo dell'amore e delle
famiglie, senza armi nel mondo della lotte cruente e dei doveri civili": in
un certo senso, un precario di altri tempi! Con la differenza che, per il precario,
stancarsi lavorando, più che un sentimento di malessere fisico e psicologico, è
un'aspirazione!
Ma se non si
stancano a lavorare, i precari sono stanchi di molte altre cose: sono stanchi
di doverlo cercare un lavoro, di dover firmare vergognosi contratti che
prevedono molti doveri e pochi diritti, di dover sempre dimostrare di essere
indispensabili e all'altezza del compito da svolgere. Sono stanchi di doversi
sempre organizzare in previsione dell’approssimarsi di un periodo di
disoccupazione, di doversi inventare in una nuova figura professionale e di
dover organizzare il resto della propria vita secondo i nuovi e provvisori orari
di lavoro. Sono stanchi di aggiornare il proprio curriculum vitae, di
affrontare inutili colloqui al centro per l’impiego o surreali appuntamenti con
gli impiegati allucinati delle agenzie interinali che, fra l’altro, sono quasi
più precari dei lavoratori che cercano di collocare! I precari sono stanchi di
sentire che la percentuale di disoccupazione ha raggiunto livelli mai visti e
di leggere delle proposte del Governo per il rilancio dell’occupazione che
qualche mese dopo si riveleranno del tutto inefficaci.
Io, per
esempio, sono stanca di studiare per un concorso che avrei dovuto fare ieri ma
che, pare a causa di un alto numero di domande di partecipazione, è stato
rimandato, una settimana prima del suo svolgimento, al 10 ottobre! Anche se ora
godo dei benefici di un sospirato fine settimana trascorso in spiaggia, anziché
a sudare sui libri, l’idea di dover passare ancora dei mesi con il pensiero di
dover affrontare l’ennesimo concorso pubblico, mi fa calare addosso un
opprimente senso di spossatezza. Sono bloccata in attesa di una data che mi
spaventa ma che non vedo l’ora che arrivi! Ecco quello che mi stanca di più:
non è lavorare o studiare, è aspettare!
I precari sono
stanchi di aspettare la data di concorso, l’inizio o la fine di un contratto,
la pubblicazione di un bando, la decisione di una commissione sull’esito di una
selezione, il momento giusto per comprarsi una casa, per fare un figlio, per
comprare l’auto nuova con una finanziamento.
I precari sono lavoratori/cittadini/adulti in stand-by: circuiti elettrici pronti a partire, stanchi di aspettare e ansiosi di riprendere in mano la propria vita. Ma da precaria, con colleghi e amici precari, vi assicuro che per un precario che si strugge nell’attesa, ce sono tanti che non si rassegnano e che, nonostante tutto, senza illusioni o false speranze, pur non avendo ben chiaro dove e come lavoreranno domani, sanno bene quello che vogliono oggi e non hanno voglia di rinunciarci. E questa non è una minaccia ma una promessa: la premessa che ce la metteremo tutta e che non staremo ad aspettare Godot!
I precari sono lavoratori/cittadini/adulti in stand-by: circuiti elettrici pronti a partire, stanchi di aspettare e ansiosi di riprendere in mano la propria vita. Ma da precaria, con colleghi e amici precari, vi assicuro che per un precario che si strugge nell’attesa, ce sono tanti che non si rassegnano e che, nonostante tutto, senza illusioni o false speranze, pur non avendo ben chiaro dove e come lavoreranno domani, sanno bene quello che vogliono oggi e non hanno voglia di rinunciarci. E questa non è una minaccia ma una promessa: la premessa che ce la metteremo tutta e che non staremo ad aspettare Godot!