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venerdì 13 luglio 2012

Secondo Curriculum


Il contrario del gioco non è ciò che è serio, bensì ciò che è reale.
Sigmund Freud

Mi piace giocare ed in particolare interpretare, o vedere interpretati, personaggi di fantasia. I miei sono più famosi di me e sono nominati da Padova a Roma, da Torino a Bari, siano essi appassionati di magia nera o combattenti burberi ma dal cuore buono. In ogni comunità in cui risiedo stabilmente sono uno dei creatori di gioco e sono apprezzato per le idee e il senso di giustizia.

Direi che anche la vita reale, oltre quella virtuale, è stata spesso all’insegna dell’interpretazione e i ruoli in cui mi sono prestato senza forse averne le physique sono: consulente per le risorse umane, bibliotecario, educatore non professionale, cameriere, commerciante, operatore fiscale. Posso dire di aver ottenuto risultati apprezzabili – ma non all’altezza dei miei personaggi di fantasia! – anche in quasi tutti questi casi.
Che sia tutto nato quando da piccolo rendevo concrete nella mia mente le battaglie campali tra i seguaci di He-man e di Skeletor? Oppure, far parte di un’associazione teatrale mi ha ispirato?

Ho fatto parte dell’AtTieSse Associazione Teatro e Spettacolo per circa un decennio e mi sono divertito nell’educare alla socializzazione, all’espressività e alla solidarietà, attraverso la pratica teatrale, diversi ragazzini dai sette ai diciotto anni, sia all’interno della sede dell’associazione, sia in scuole medie inferiori e superiori. In effetti, mi sarebbe piaciuto insegnare ma ho sempre pensato che, anche pure realizzando questo sogno modestissimo, avrei dovuto pagare lo scotto di una vita da precario (ah ah ah ah ah!) e quindi non ci ho mai provato. Anche per pigrizia.

Mi sono laureato in lettere ed ho particolarmente apprezzato soprattutto quegli esami con tassonomie specializzate come le due filologie, romanza ed italiana, e linguistica generale. La mia tesi mi ha fatto discutere un romanzo degli anni Cinquanta, non particolarmente significativo, che ho tentato di interpretare, oltre alla sua letteralità, ricorrendo alle teorie ermeneutiche che più mi hanno affascinato: dalla rilettura freudiana di Orlando, al formalismo storico di Moretti, dal marxismo di Jameson, al cronotopo bachtiniano.  
Chi dice che le parole sono improduttive, dovrebbe guardare all’industria di J. K. Rowling, ai soldi spesi dalle aziende per proporre un marchio od un prodotto attraverso massicce campagne di comunicazione, alle fortune e sfortune che spettano ai politici che scelgono frasi più o meno opportune, al web e a quel mondo virtuale fatto proprio di parole.

Sono un appassionato di nuove tecnologie - pur non possedendo completamente il loro linguaggio - e della rete, perché credo che sia il luogo che più di ogni altro ispira una meritocrazia a partire da una base di pari opportunità e - pur sognando ormai poco, fuori dal gioco - mi piacerebbe poter condividere delle idee che si situino a metà tra la parola e la virtualità.

Francesco C.



 
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