mercoledì 25 dicembre 2013

Un concorso pubblico, una forchettina e un'assuzione a tempo indeterminato

Questa è la storia di cosa ho fatto in questi ultimi cinque mesi e del perchè giro con una forchettina da aperitivo nella borsa.

La forchettina in questione l'ho rubata (...oops, l'ho detto!) nel bar dove solitamente prendo il caffè prima di entrare in ufficio e dove, eccezionalmente, ho brindato per aver sostenuto l'orale di un concorso pubblico all'Università di Pisa (per festeggiare il solo fatto che avevo concluso le prove della selezione), per aver conquistato la medaglia di bronzo al concorso in questione e perchè sarò assunta, dal 30 dicembre, a tempo indeterminato. 

Perché impossessarmi indebitamente di una forchettina? Per tenerla nella tasca laterale della mia borsa e punzecchiarmi ogni qualvolta ho bisogno di capire che sono sveglia e non sto vagando nei miei sogni proibiti di precaria arrabbiata e irrequieta.

“Assunta a tempo indeterminato”:  una piccola frase che racchiude quasi un anno di studio per prepararsi ad un concorso, otto anni di lavoro precario, giornate di lavoro infinite per dimostrare quanto valgo, quanto sarei stata indispensabile e quanto sarebbe stato utile rinnovare il mio rapporto di lavoro. Corsi di formazione a cui ho partecipato, corsi professionalizzanti a cui non sono stata ammessa perché “troppo qualificata”, centinaia di curricula inviati senza ricevere nessuna risposta. E ancora: pianti di rabbia per promesse disattese, slanci di euforia per ogni nuovo contratto a tempo determinato firmato e un forte senso di disorientamento ogni volta che ci mi avvicinavo alla scadenza. Non mi sembra vero che tutto ciò sia finito: cammino in punta di piedi, cauta e silenziosa, come se quello che sta succedendo possa scoppiare e svanire nel nulla come una bolla di sapone.

Ma so che non succederà, perchè anche se ancora non riesco a rilassarmi e a rendermi conto dell’importante novità che mi aspetta, la fatica che ho fatto per raggiungere questo risultato è ancora troppo viva, pressante e reale e non riuscirò a levarmela di dosso tanto facilmente.  Anche perché, lo ammetto, questa stanchezza  è ciò che veramente mi rende orgogliosa di me stessa: quello che ho ottenuto è solamente il risultato del mio impegno. Niente raccomandazioni, strizzatine d’occhio e compromessi: solo io.

Per tutto questo, tra l'emozione di un risultato appena raggiunto e la fresca sensazione di tranquillità di non dover più aggiornare il curriculum vitae, è ancora viva e più pulsante in me la solidarietà verso chi si deve ancora barcamenare nell'inquietante e incerta dimensione del lavoro precario ed è per questo che PrecariaMente continuerà a sostenere la propria causa, con una sola differenza: nuovo anno, nuovo blog.

Buone feste e a presto!





 
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