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giovedì 26 luglio 2012

Quattro consigli per evitare Cliclavoro


Nelle navigazioni on-line alla ricerca di più o meno interessanti offerte di lavoro, credo che sia capitato a tutti noi disillusi cercatori d’oro di imbatterci nel portale ministeriale per chi cerca e offre lavoro su internet: Cliclavoro.
Qual’ è la sua particolarità? Ebbene il servizio è finanziato da noi contribuenti e, secondo quanto indicato in un articolo de Il Fatto Quotidiano del 25/06/2012, solo la parte di sviluppo e conduzione della piattaforma richiede 1,6 milioni di euro più iva a cui vanno aggiunti i costi di sette persone che lavorano a tempo pieno al servizio. Tale cifra ci sembra oltremodo spropositata, soprattutto se consideriamo la quantità di altri siti che svolgono tale servizio gratuitamente per l’utente e la quantità delle persone che accedono e usufruiscono dei servizi di Cliclavoro.

Ma stamani voglio essere ottimista e pensare che se l’attuale governo, in questi giorni seriamente impegnato nell’operazione di spending review, decide di mantenere in vita Cliclavoro, un motivo ci deve pur essere.

Sarà forse perché Cliclavoro offre al demoralizzato e senza più speranze lavoratore precario importanti suggerimenti come quelli dell’articolo quattro consigli per svolgere un’attività che non vi piace? Vediamoli nel dettaglio:

1. Mirate in alto. Se le persone si aspettano il meglio da voi da un’attività che non riesce a piacervi, allora abbattete i “pilastri della mediocrità”. Trovate l’ispirazione nell’autodisciplina e cercate la perfezione in tutto ciò che fate, perché lo sforzo che vi porta all’eccellenza a volte prende il via proprio dal fatto che si porta a compimento un’attività noiosa e frustrante.

Dopo essere stata invasa da un’ondata di esaltazione leggendo che bisogna cercare di abbattere i pilastri della mediocrità, in cui mi vedevo già ruotare su me stessa per ritrovarmi nei panni di una Wonder Woman pronta a combattere contro le raccomandazione e i fannulloni, ecco che la mia eroina volante viene abbattuta da una serie di vuoti paroloni tirati a caso: autodisciplina, perfezione, eccellenza e mi chiedo: ma chi ha scritto questa articolo a cosa stava mirando?

2. Trovate buoni motivi. Ammettiamolo, quanto si è costretti a svolgere attività lavorative poco gradevoli si tende sempre a ritardarle o a fare in modo di evitarle o non portarle a compimento, magari inventando delle scuse. Trovate, invece, sempre un buon motivo per intraprendere l’attività, pensando di concedervi un “premio finale” (una piccola pausa, un caffè) una volta che l’avrete portato a compimenti.

Una piccola pausa? Un caffè? A parte il fatto che questo consiglio stride violentemente con l’ultima riforma della pubblica amministrazione (n.d.r. Riforma Brunetta) ma stiamo parlando di lavoro o del decalogo del buon scolaretto, decisamente poco educativo, di una scuola materna?

3. Trovate il tempo. Quando fate cose che non vi piacciono è facile distrarsi oppure iniziare l’attività o proseguirla in modo non costante, frammentato e distratto, perdendo tempo e sprecando concentrazione. Se non avete delle rigide scadenze per i tempi di consegna, è preferibile utilizzare gli ultimi minuti o le ultime ore della vostra giornata lavorativa per i lavori poco piacevoli: uno sprint finale prima di andare a casa.

Con questo terzo consiglio non sono proprio d’accordo: ma vogliamo perderci la bellezza, per chi può, di distrarsi e perdersi nei propri pensieri? In un romanzo di Amélie Nothomb Stupori e tremori, la protagonista, un giovane donna francese che lavora in una grossa multinazionale giapponese, racconta di fuggire dall’angusto luogo di lavoro concedendosi degli “esercizi di defenestrazione”, che, sostanzialmente, consistono nel guardare fuori dalla finestra e perdersi nei proprio pensieri. Mi dispiace, ma io non rinuncio ai miei meritati “esercizi di defenestrazione” .

4. Focalizzare l’attenzione sul prossimo passo da fare. Indipendentemente da quanto sia noioso, ogni progetto, piccolo o grande che sia, vi condurrà sempre a una fase successiva. E il prossimo passo potrebbe essere un nuovo sbocco per obiettivi più grandi o progetti più ambiziosi. A volte, concentrarsi su qualcosa di più appagante aiuta a svolgere più facilmente e serenamente le attività tutt’altro che gratificanti.

Vabbè, come ho detto voglio essere ottimista e penso di concludere con un happy end, così ho deciso di considerare questo ultimo consiglio come un augurio per tutti noi che viviamo una situazione di precariato lavorativo: un buon auspicio per il futuro che verrà. Ma, soprattutto, spero che sia un augurio per il povero redattore di questo articolo che, costretto a scrivere un pezzo in cui non ha creduto fin dalla prima parola, possa impegnarsi in qualcosa di meno banale, ipocrita e più utile per chi, magari tutte le mattine, si rivolge ai portali sul lavoro con la speranza che, una volta tanto, possa trovare quell’occasione che gli permetterà di dare una svolta alla sua vita.

Sara C.

Wonder Precaria



 
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