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venerdì 17 agosto 2012

Altolà, o il lavoro o la vita!


Su La Repubblica del 14 agosto, la filosofa e scrittrice Michela Marzano, docente associato di Filosofia Morale presso l’Università di Parigi René Descartes, scrive: “Fino a quando si continuerà a contrapporre il diritto al lavoro al diritto alla sopravvivenza, e quindi il salario alla salute, non si troverà alcuna via d’uscita al problema dell’Ilva”.

La vicenda dell’acciaieria Ilva di Taranto è ormai tristemente nota a tutti ed altrettanto nota è la capacità - ormai sancita come la più sfruttata e, ahimè, efficace forma di divulgazione delle informazioni da parte dei mezzi di comunicazione di massa italiani - di trasformare ogni evento tragico, scandaloso o eclatante della vita del nostro paese, dalla cronaca nera alla politica, in entertainment. Il procedimento è sempre lo stesso: esplode lo scoop e si definiscono i soggetti attori della vicenda, le parti pubbliche, a vario titolo e livello (politici, esperti, giornalisti eccetera), prendono la loro posizione: così la notizia iniziale, come un fiume in piena, gonfia ed esonda in ogni settore della comunicazione di massa fino a degenerare in un furioso, pirotecnico e confusionario battibecco collettivo che cresce, ma non si evolve, si allarga in una moltiplicazione polifonica di voci urlate e stonate, ma non riesce, e non si impegna, ad istaurare un dialogo razionale. Si arriva a quello che Michela Marzano, “filosoficamente” parlando, definisce il “falso dilemma”:

<< si assolutizzano i valori chiave in gioco (…) mostrando che l’uno si oppone inesorabilmente all’altro, e che l’unico modo per uscire dall’impasse è quello di sacrificarne uno dei due. E’ la tecnica argomentativa dell’aut-aut. Per concludere cinicamente che “terzium non datur”>>

E così sta accadendo per la vicenda dell’Ilva. Da una parte la disperazione, condivisibile, di chi rischia di perdere un lavoro - “Preferisco morire fra vent’anni di cancro, piuttosto che tra pochi mesi di fame” -  e dall’altra la risposta, legittima e razionale, di alcuni ambientalisti locali – “Preferisco morire subito di fame, piuttosto che vedere i miei figli deperire e ammalarsi”. Poi c’è il gip di Taranto, Patrizia Todisco, che ha deciso di bloccare i lavori in attesa della bonifica, il Presidente dei Verdi e Antonio Di Pietro che appoggiano i magistrati che difendono il diritto alla salute, i sostenitori dell’attività economica che intravedono, nelle posizioni precedenti, solo degli ulteriori vincoli allo sviluppo industriale del paese e il New York Times che definisce l’Italia un paese “antiquato e pittoresco”. In questa maniera si configura una situazione di contrapposizione, di “ricatto”, come la definisce Marzano, tra diritto del lavoro e diritto alla salute che non dà nessuna logica e giusta possibilità di scelta, poiché qualsiasi opzione avrebbe in sé conseguenze disumane e fisicamente, in senso letterale, annientatrici per una delle preziose parti i gioco.


Manifestazione operaia


Cito ancora la filosofa:

<<Eppure i progressi della tecnologia e l’esempio di molti altri paese europei mostrano che non c’è alcun bisogno di contrapporre salute e lavoro (…). Speriamo allora di uscire da questo “falso dilemma” e ritrovare la via della ragione, invece di cedere alle sirene della dialettica sofista. Non solo per salvare al tempo stesso il lavoro e la salute, ma anche per evitare che, in nome della salvaguardia dell’ambiente, sia proprio l’ambiente ad essere sacrificato. Chi può essere così ingenuo da pensare che un problema come quello del risanamento ambientale di zone già fortemente danneggiate possa essere preso in considerazione e risolto se l’Ilva cessa ogni attività? E’ solo un esempio. Che non deve far perdere di vista la necessità di portare avanti un’attività e una produzione sostenibile. Ma talvolta la filosofia del senso comune permette, molto più dell’idealismo, di non cadere nella trappola dei falsi dilemmi che, quasi sempre, finiscono in tragedia.>>
Oltre che a condividere totalmente le parole di Michela Marzano, sono dell’avviso che il pensiero del “non cadere nella trappola dei falsi dilemmi” fosse messo in pratica anche da chi, in questi ultimi tempi, ci governa e, magari, anche da chi, in vista di più o meno probabili elezioni politiche, si prepara per andarci a governare. Vorrei che, finalmente, chi è chiamato - perché eletto dal popolo o perché scelto a ricoprire un ruolo in qualità di tecnico - a gestire la cosa pubblica non si nascondesse più dietro all’onta della crisi e, a causa di ciò, proponesse soluzioni vergognose, inique e inconcludenti, come la Riforma del Lavoro del Ministro Fornero, ma, valutando la delicatezza delle parti in gioco, della gravità della situazione e coinvolgendo i diretti interessati, arrivasse a trovare soluzioni concrete per il miglioramento della situazione del paese.

Ma alle volte è troppo più comodo l’aut-aut.

Sara C.

 
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