Su La Repubblica
del 14 agosto, la filosofa e scrittrice Michela Marzano, docente associato di
Filosofia Morale presso l’Università di Parigi René Descartes, scrive: “Fino a
quando si continuerà a contrapporre il diritto al lavoro al diritto alla
sopravvivenza, e quindi il salario alla salute, non si troverà alcuna via
d’uscita al problema dell’Ilva”.
La vicenda dell’acciaieria Ilva di Taranto è ormai
tristemente nota a tutti ed altrettanto nota è la capacità - ormai sancita come
la più sfruttata e, ahimè, efficace forma di divulgazione delle informazioni da
parte dei mezzi di comunicazione di massa italiani - di trasformare ogni evento
tragico, scandaloso o eclatante della vita del nostro paese, dalla cronaca nera
alla politica, in entertainment. Il
procedimento è sempre lo stesso: esplode lo scoop e si definiscono i soggetti
attori della vicenda, le parti pubbliche, a vario titolo e livello (politici,
esperti, giornalisti eccetera), prendono la loro posizione: così la notizia
iniziale, come un fiume in piena, gonfia ed esonda in ogni settore della comunicazione
di massa fino a degenerare in un furioso, pirotecnico e confusionario
battibecco collettivo che cresce, ma non si evolve, si allarga in una
moltiplicazione polifonica di voci urlate e stonate, ma non riesce, e non si
impegna, ad istaurare un dialogo razionale. Si arriva a quello che Michela
Marzano, “filosoficamente” parlando, definisce il “falso dilemma”:
<< si assolutizzano i valori chiave in gioco (…) mostrando che l’uno si oppone inesorabilmente all’altro, e che l’unico modo per uscire dall’impasse è quello di sacrificarne uno dei due. E’ la tecnica argomentativa dell’aut-aut. Per concludere cinicamente che “terzium non datur”>>
E così sta accadendo per la vicenda dell’Ilva. Da una parte
la disperazione, condivisibile, di chi rischia di perdere un lavoro - “Preferisco
morire fra vent’anni di cancro, piuttosto che tra pochi mesi di fame” - e dall’altra la risposta, legittima e
razionale, di alcuni ambientalisti locali – “Preferisco morire subito di fame,
piuttosto che vedere i miei figli deperire e ammalarsi”. Poi c’è il gip di
Taranto, Patrizia Todisco, che ha deciso di bloccare i lavori in attesa della
bonifica, il Presidente dei Verdi e Antonio Di Pietro che appoggiano i
magistrati che difendono il diritto alla salute, i sostenitori dell’attività
economica che intravedono, nelle posizioni precedenti, solo degli ulteriori
vincoli allo sviluppo industriale del paese e il New York Times che definisce l’Italia un paese “antiquato e
pittoresco”. In questa maniera si configura una situazione di contrapposizione,
di “ricatto”, come la definisce Marzano, tra diritto del lavoro e diritto alla
salute che non dà nessuna logica e giusta possibilità di scelta, poiché
qualsiasi opzione avrebbe in sé conseguenze disumane e fisicamente, in senso
letterale, annientatrici per una delle preziose parti i gioco.
Cito ancora la filosofa:
<<Eppure i progressi della tecnologia e l’esempio di molti altri paese europei mostrano che non c’è alcun bisogno di contrapporre salute e lavoro (…). Speriamo allora di uscire da questo “falso dilemma” e ritrovare la via della ragione, invece di cedere alle sirene della dialettica sofista. Non solo per salvare al tempo stesso il lavoro e la salute, ma anche per evitare che, in nome della salvaguardia dell’ambiente, sia proprio l’ambiente ad essere sacrificato. Chi può essere così ingenuo da pensare che un problema come quello del risanamento ambientale di zone già fortemente danneggiate possa essere preso in considerazione e risolto se l’Ilva cessa ogni attività? E’ solo un esempio. Che non deve far perdere di vista la necessità di portare avanti un’attività e una produzione sostenibile. Ma talvolta la filosofia del senso comune permette, molto più dell’idealismo, di non cadere nella trappola dei falsi dilemmi che, quasi sempre, finiscono in tragedia.>>
Oltre che a condividere totalmente le parole di Michela
Marzano, sono dell’avviso che il pensiero del “non cadere nella trappola dei
falsi dilemmi” fosse messo in pratica anche da chi, in questi ultimi tempi, ci
governa e, magari, anche da chi, in vista di più o meno probabili elezioni
politiche, si prepara per andarci a governare. Vorrei che, finalmente, chi è
chiamato - perché eletto dal popolo o perché scelto a ricoprire un ruolo in
qualità di tecnico - a gestire la cosa pubblica non si nascondesse più dietro
all’onta della crisi e, a causa di ciò, proponesse soluzioni vergognose, inique
e inconcludenti, come la Riforma del Lavoro del Ministro Fornero, ma, valutando
la delicatezza delle parti in gioco, della gravità della situazione e
coinvolgendo i diretti interessati, arrivasse a trovare soluzioni concrete per
il miglioramento della situazione del paese.