martedì 31 luglio 2012

La ricerca di un nuovo lavoro


Ovvero, Le mirabolanti avventure della Baronessa di Munchhausen

La data di scadenza del mio contratto di avvicina e, come se fino ad ora non lo avessi fatto, è tempo di darsi da fare: di guardarsi attorno, rinunciando un poco alla pompa che apparterrebbe alla noblesse oblige.
Ebbene, ho deciso che inizierò una ricerca a tappeto sul territorio pisano per capire, in prima persona, cosa offre il mondo di oggi ad una precaria, non più troppo giovane, ma laureata e qualificata.

Ho deciso di chiamare queste mie catàbasi che - per vostra gioia e brama di conoscenza - condividerò, Le avventure della Baronessa di Munchhausen, in onore del Barone di Munchhausen dei racconti di Rudolf Erich Raspe che, da bambina, adoravo.

Orbene, popolo di precari, vi vado a raccontare la prima avventura dell’indomita, risoluta e, ovviamente, bella... - scopro con orrore che il maschilismo aristocratico mi ha privata del femminile di rampollo - ereditaria di Munchhausen che, senza contratto e senza macchia, si batte contro il lutulento e irriducibile golem del precariato.


Da Le avventure della Baronessa di Munchhausen, PrecariaMente presenta:

I corsi professionalizzanti della Provincia di Pisa

Tra gli innumerevoli pregi della Baronessa di Munchhausen c’è sicuramente l’umiltà: nonostante il suo curriculum vitae possa vantare un lungo e pedante elenco di esperienze formative, lauree e conferimenti di qualifiche professionalizzanti, lei non pensa mai di sapere troppo - a guisa di Socrate - ed è così che decide di partecipare alla selezione della Provincia di Pisa per un corso di formazione in Gestione ed amministrazione del personale, realizzato attraverso il partenariato tra il COPERNICO scarl e il Cescot Toscana Nord

Il bando dice:

“Il progetto è volto a sostenere l’innalzamento dei livelli di qualificazione e professionalità mediante una strategia di apprendimento permanente dì finalizzato all’inserimento lavorativo, volto ad ampliare, anche attraverso incentivi, l’accesso e la permanenza degli individui nei percorsi di apprendimento lungo l’arco di tutta la vita”.

Ora, se state leggendo pubblicamente quest'operetta assisi entro un salotto sofisticato ma mondano, il vostro tono dovrebbe emulare - per accrescere di pathos le parole seguenti - quello della voce narrante di Fantozzi. E così la baronessa decide di partecipare. 

La scadenza del bando è il 26 giugno, la selezione per l’ammissione il 24 luglio.
La selezione prevede, prima di tutto, un test a risposta multipla per la verifica delle competenze informatiche, dopo il quale verrà stilata una graduatoria di cui solo i primi 50 candidati accederanno al colloquio orale.

La baronessa si accomoda nell’aula dove verrà effettuato il colloquio: è curiosa e si guarda intorno, squadra le persone dalla testa i piedi e - quale Michele Apicella del film Bianca di Nanni Moretti - cerca di capire, dalla maglietta, dalla minigonna o dalle scarpe, che idea vorrebbero dare di loro ai selezionatori. E che cosa penseranno, i popolani, della baronessa?

La baronessa supera brillantemente l’elementare - quasi un’offesa alla sua nobile intelligenza - test di informatica ed ora non le resta che attendere le 16 per il colloquio. Nella sala d’aspetto sbircia le pubblicità delle altre offerte formative: fabbro, collaboratrice domestica, corso in tassidermia.  Perdincibacco, tassidermia?
Il colloquio è un tripudio di complimenti per la cultura, le esperienze pregresse e gli studi della baronessa: addirittura, l’ardito psicologo del lavoro, si lascia sfuggire un complimento per gli occhi sorridenti ed espressivi della giovane pulzella che ormai si vede nel gruppo dei 12 che saranno ammessi al corso di formazione. Addirittura, un altro ceffo si permette di dirle che il dialogo è, invero, alla pari e - dicendolo quasi costernato - vorrebbe evitarle l'esperienza di un corso da passare spalla a spalla con undici plebei.

E invece, ahimè, che delusione scoprire che la tanto grandemente lodata preparazione della baronessa di Munchhausen, orgoglio e punto forte delle sue avventure contro la lotta al precariato, è stato proprio ciò che l’ha tradita: esclusa perché troppo qualificata! Oltre all’oltraggio anche l’umiliazione pubblica: esima!

Vabbè, dov’è che ci si iscrive per la tassidermia?


La Baronessa



venerdì 27 luglio 2012

Pubblicamente umiliat… laureati



Già da qualche giorno stavo rimuginando su quanto sia umiliante essere laureato. Mi spiego meglio: girovagavo in rete e mi sono soffermato a leggere il blog di Francesca Coin su Il Fatto online, scoprendo che, in passato, il consorzio Enfapi ha posto per le strade un manifesto che rappresentava il destino che, secondo qualche stratega della comunicazione, sarebbe dovuto spettare ad un giovane laureato e ad un giovane professionista sprovvisto di eguale titolo di studio. Il primo è chiaramente – per usare un termine tanto caro alla retorica politica di questo periodo – uno sfigato, il secondo invece trasuda una paccata – idem – di charme.


Precario, Laureato e Sfigato o affascinante?



L’Enfapi è finanziato dalla Regione Lombardia, la stessa regione che ha la sua parte politica, almeno per un numero cospicuo di esponenti, puntigliosamente annotata nei taccuini della magistratura e in cui era stato eletto Renzo Bossi, chiamato da suo padre la trota in luogo di delfino. Il giovanotto ricciuto, resosi famoso per la sua non brillantissima carriera scolastica – dobbiamo ai greci la definizione di eufemismo – e per alcune sfortunate apparizioni video  - nelle quali, rispettivamente, cerca di articolare il sostantivo pluralismo, inventa il verbo proséguere  e, ospite da Daria Bignardi, si mostra incapace di elencare tre valori  a cui ispirare la propria carriera politica - ha tentato in maniera moralmente fraudolenta – ovvero, attraverso il denaro e i contatti privilegiati di un partito chiaramente ispirato dalla lezione mafiosa – di conseguire la laurea in Albania. E qui ho avuto la seconda epifania: il laureato è sfigato ma – eccezione! – solo se non è in possesso delle giuste referenze – volevo dire raccomandazioni; in questo caso la laurea è semmai necessaria giustificazione del proprio approdo.

Lo devono aver saputo bene Luca Luciani, manager rinviato a giudizio per l’inchiesta sulle sim false Telecom e la turma di bocconiani che dirige attualmente il paese. Il primo, laureatosi all’università privata LUISS, ha raggiunto la fama per aver presentato Napoleone, una volta chiamato pure Napoletone, quale vincitore della battaglia di Waterloo, durante un discorso motivazionale tenuto ad agenti TIM, creando, in questo modo, un danno all’immagine aziendale – del quale ha dovuto scusarsi con tutti i dipendenti - e dubbi intorno ai requisiti con cui si selezionano i dirigenti in Telecom. Anzi, certezze: sicuramente tra i parametri analizzati dall’ufficio risorse umane sono escluse le nozioni storiche apprese alle elementari.

I secondi, presentatisi con la sicumera dei presuntuosi - nonostante la loro cultura istituzionalizzata sia stata acquistata alla Bocconi, altra università privata - stanno cambiando il paese accentuando le diseguaglianze economiche – invece che lenirle – e, di conseguenza, affossando i consumi e rendendo sempre meno credibile l’economia italiana agli occhi del mercato finanziario e degli investitori. E non voglio neppure addentrarmi nella questione degli esodati o dell’articolo 18.

Ma quelli che si son laureati all’università pubblica e che non godono di raccomandazioni fanno così schifo? Vista la situazione delle aziende e dello Stato non sarebbe l’ora di farci un pensierino? Lo dico perché ormai i neo laureati presso atenei pubblici non accampano più alcuna pretesa contrattuale, sono umili e pronti all’umiliazione – dicasi call center – quindi sarebbe un investimento a basso costo. Senza contare che non sono degli appestati ma, anzi, delle risorse, dato che possono mettere le conoscenze acquisite con l’impegno – e non comprate coi soldi – a disposizione delle aziende e della cosa pubblica.

Francesco C.

giovedì 26 luglio 2012

Quattro consigli per evitare Cliclavoro


Nelle navigazioni on-line alla ricerca di più o meno interessanti offerte di lavoro, credo che sia capitato a tutti noi disillusi cercatori d’oro di imbatterci nel portale ministeriale per chi cerca e offre lavoro su internet: Cliclavoro.
Qual’ è la sua particolarità? Ebbene il servizio è finanziato da noi contribuenti e, secondo quanto indicato in un articolo de Il Fatto Quotidiano del 25/06/2012, solo la parte di sviluppo e conduzione della piattaforma richiede 1,6 milioni di euro più iva a cui vanno aggiunti i costi di sette persone che lavorano a tempo pieno al servizio. Tale cifra ci sembra oltremodo spropositata, soprattutto se consideriamo la quantità di altri siti che svolgono tale servizio gratuitamente per l’utente e la quantità delle persone che accedono e usufruiscono dei servizi di Cliclavoro.

Ma stamani voglio essere ottimista e pensare che se l’attuale governo, in questi giorni seriamente impegnato nell’operazione di spending review, decide di mantenere in vita Cliclavoro, un motivo ci deve pur essere.

Sarà forse perché Cliclavoro offre al demoralizzato e senza più speranze lavoratore precario importanti suggerimenti come quelli dell’articolo quattro consigli per svolgere un’attività che non vi piace? Vediamoli nel dettaglio:

1. Mirate in alto. Se le persone si aspettano il meglio da voi da un’attività che non riesce a piacervi, allora abbattete i “pilastri della mediocrità”. Trovate l’ispirazione nell’autodisciplina e cercate la perfezione in tutto ciò che fate, perché lo sforzo che vi porta all’eccellenza a volte prende il via proprio dal fatto che si porta a compimento un’attività noiosa e frustrante.

Dopo essere stata invasa da un’ondata di esaltazione leggendo che bisogna cercare di abbattere i pilastri della mediocrità, in cui mi vedevo già ruotare su me stessa per ritrovarmi nei panni di una Wonder Woman pronta a combattere contro le raccomandazione e i fannulloni, ecco che la mia eroina volante viene abbattuta da una serie di vuoti paroloni tirati a caso: autodisciplina, perfezione, eccellenza e mi chiedo: ma chi ha scritto questa articolo a cosa stava mirando?

2. Trovate buoni motivi. Ammettiamolo, quanto si è costretti a svolgere attività lavorative poco gradevoli si tende sempre a ritardarle o a fare in modo di evitarle o non portarle a compimento, magari inventando delle scuse. Trovate, invece, sempre un buon motivo per intraprendere l’attività, pensando di concedervi un “premio finale” (una piccola pausa, un caffè) una volta che l’avrete portato a compimenti.

Una piccola pausa? Un caffè? A parte il fatto che questo consiglio stride violentemente con l’ultima riforma della pubblica amministrazione (n.d.r. Riforma Brunetta) ma stiamo parlando di lavoro o del decalogo del buon scolaretto, decisamente poco educativo, di una scuola materna?

3. Trovate il tempo. Quando fate cose che non vi piacciono è facile distrarsi oppure iniziare l’attività o proseguirla in modo non costante, frammentato e distratto, perdendo tempo e sprecando concentrazione. Se non avete delle rigide scadenze per i tempi di consegna, è preferibile utilizzare gli ultimi minuti o le ultime ore della vostra giornata lavorativa per i lavori poco piacevoli: uno sprint finale prima di andare a casa.

Con questo terzo consiglio non sono proprio d’accordo: ma vogliamo perderci la bellezza, per chi può, di distrarsi e perdersi nei propri pensieri? In un romanzo di Amélie Nothomb Stupori e tremori, la protagonista, un giovane donna francese che lavora in una grossa multinazionale giapponese, racconta di fuggire dall’angusto luogo di lavoro concedendosi degli “esercizi di defenestrazione”, che, sostanzialmente, consistono nel guardare fuori dalla finestra e perdersi nei proprio pensieri. Mi dispiace, ma io non rinuncio ai miei meritati “esercizi di defenestrazione” .

4. Focalizzare l’attenzione sul prossimo passo da fare. Indipendentemente da quanto sia noioso, ogni progetto, piccolo o grande che sia, vi condurrà sempre a una fase successiva. E il prossimo passo potrebbe essere un nuovo sbocco per obiettivi più grandi o progetti più ambiziosi. A volte, concentrarsi su qualcosa di più appagante aiuta a svolgere più facilmente e serenamente le attività tutt’altro che gratificanti.

Vabbè, come ho detto voglio essere ottimista e penso di concludere con un happy end, così ho deciso di considerare questo ultimo consiglio come un augurio per tutti noi che viviamo una situazione di precariato lavorativo: un buon auspicio per il futuro che verrà. Ma, soprattutto, spero che sia un augurio per il povero redattore di questo articolo che, costretto a scrivere un pezzo in cui non ha creduto fin dalla prima parola, possa impegnarsi in qualcosa di meno banale, ipocrita e più utile per chi, magari tutte le mattine, si rivolge ai portali sul lavoro con la speranza che, una volta tanto, possa trovare quell’occasione che gli permetterà di dare una svolta alla sua vita.

Sara C.

Wonder Precaria



mercoledì 25 luglio 2012

Avete presente gli Umpa Lumpa?

La Nestlè ha sempre suscitato in me dei profondi contrasti interiori.

Da una parte, le numerose critiche alla politica commerciale della più grande azienda del settore alimentare - ultima la condanna, insieme alla Tetrapack, per l’inquinamento del latte Nidina con Itx - che hanno sempre sollecitato l' idealista che è in me facendomi aderire alle svariate campagne di boicottaggio. Dall’altra, il Nesquik, il gelato fior di latte senza glutine, gli Smarties, il Galak, per non parlare di tutte quelle golosità cioccolatose e iper-caloriche della Perugina, mettono a dura prova la mia etica di consumatore consapevole.

Ma anche a  un’inguaribile cioccolato-dipendente come me viene voglia di urlare di nuovo al boicottaggio quando sente la proposta che la multinazionale ha avanzato ai dipendenti della Perugina: ridurre il proprio orario di lavoro da 40 a 30 ore settimanali in cambio dell’assunzione di un figlio con contratto flessibile. L’azienda ha definito questa proposta un “patto generazionale per favorire l’occupazione giovanile". La Cgil, sindacato di maggioranza nella fabbrica di cioccolato, risponde che “La proposta di Nestlè di barattare i diritti del lavoratori dello stabilimento Perugina di San Sisto, acquistati negli anni, con una prospettiva di lavoro, comunque flessibile, per i figli, è assolutamente inaccettabile oltre che impraticabile (…) prima di tutto perché non risolverebbe né i problemi occupazionali, né quelli della fabbrica”. Come da copione, gli errori di anni di cattivo management vanno a cadere sulle spalle dei dipendenti: con il meccanismo proposto dall’azienda, gli attuali operai si vedrebbero ridurre il salario di una quota che potrebbe arrivare al 40%, mentre lo stipendio di un nuovo assunto part-time non gli permetterebbe mai di rendersi autonomo.

Avete presente gli Umpa Lumpa del film La fabbrica di cioccolato?


Umpa Lumpa o Precari?


Willy Wonka, padrone di una grandissima fabbrica di cioccolato, trovò gli Umpa Lumpa ad Oompalandia, una regione di Oompa, una piccola isola situata nell’Oceano Pacifico. Gli Umpa Lumpa vanno pazzi per il cacao ma, sfortunatamente, nella loro terra riescono a trovarne solo un seme, tre massimo, all’anno. Così Willy Wonka offre loro di lavorare nella sua fabbrica dove potranno gustare cacao in abbondanza e gli Umpa Lumpa, felici dell’offerta, diventeranno lavoratori fedeli e operosissimi! Che dire, ormai i lavoratori sono considerati alla stregua di esotici omuncoli immaginari: presi per la gola da un inconsistente e precaria assunzione per un figlio e riconoscenti al buon padrone che ti tiene ancora al lavoro e ti permette di portare a casa il pane... ma senza cioccolato, perché quello se va nella riduzione! 

Chissà quando incominceranno a chiedere di fare qualche balletto:



Sara C.




Esposto alla Corte dei Conti per il bando pasquale


A seguito della decisione di ignorare le richiesta delle RSU dell'Università di Pisa, che chiedeva il ritiro di un bando di concorso per la formazione di una graduatoria per l'assunzione a tempo determinato e/o indeterminato di personale di categoria EP area amministrativo-gestionale, pubblicato sul sito dell'Ateneo il 7 aprile 2012 (vigilia di Pasqua), il Segretario Nazionale FLC-Cgil, Domenico Pantaleo, ha presentato un esposto alla Procura della Corte dei Conti in cui chiede che "siano verificate le modalità di reclutamento utilizzate dall'Università che, secondo il nostro parere, sono in contrasto con la normativa in vigore, e con quanto stabilito dalla legge in merito alla trasparenza nelle pubbliche amministrazioni".

Daniela Fabbrini, segretario generale della FLC-Cgil di Pisa afferma: "l'esposto intende compiere il primo passo pratico per ripristinare chiarezza e trasparenza nelle procedure di reclutamento al fine di tutelare gli interessi dei lavoratori, specialmente precari che rischiano di sopportare il peso delle decisioni dell'Università di Pisa".

Continua la lettura su PISAnotizie.it 

giovedì 19 luglio 2012

Ma quando ti decidi a fare un figliolo?

Ma quante volte vi siete sentiti porgere la fastidiosa e sempre inopportuna domanda “Ma quando ti decidi a fare un figliolo?”.

L’ultima volta mi è capitata qualche giorno fa sull’autobus mentre tornavo dal lavoro: una gentile anziana signora, con cui non ho una confidenza tale da esporle i progetti per il mio precario futuro, seduta sul seggiolino dietro il mio, mossa non so da qualche spinta di malsana e sgradita curiosità, assale il timpano del mio orecchio con la fastidiosa domanda “Ma quando ti decidi a fare un figliolo?”
Ed ecco che sento tutti gli occhi dei passeggeri, fino ad allora mollemente abbandonati al traballante incedere dell’autobus, rivolti verso di me con sguardo interrogativo. Io balbetto qualcosa sulla crisi, sul mio lavoro, mi giustifico ben sapendo che non sono assolutamente tenuta a dare alcuna spiegazione e vado nel panico. E così la gentile anziana signora mi interrompe: “Voi giovani non siete mai contenti, vi manca sempre qualcosa e avete troppe pretese”. Fortuna, o sfortuna, che sono una persona educata, non mi piace essere offensiva e sono pacifista, eppure in quel momento avevo una voglia incontenibile di sbattere il libro che avevo in mano sul naso impiccione della gentile anziana signora, di accompagnare il gesto con uno sproloquio di aggettivi sprezzanti e di mandare tutti gli altri passeggeri a quel paese. E fortuna che ero avvolta dalle sorridenti e magiche pagine di Dona Flor e i suoi mariti e che ho preferito ignorare tutti e dedicarmi alle vicende esoteriche di Flor e Vadinho.

Ecco quello che avrei voluto dire all’anziana gentile signora: è vero, oggi noi giovani non siamo mai contenti perché non possiamo più esserlo di uno Stato che chiede sempre maggiori sacrifici e offre sempre meno. Ci manca sempre qualcosa perché ci manca il lavoro, i mezzi di sostentamento per appropriarsi della propria indipendenza e del proprio futuro  e, ormai, ci vengono letteralmente negati (non ci possiamo certo dimenticare dell’infelice frase dell’attuale Ministro del Lavoro Elsa Fornero “Il lavoro non è un diritto”) anche i diritti fondamentali della nostra Costituzione. E se volere un lavoro fisso e un contratto che tuteli la maternità, voler poter scegliere di trascorrere con i propri figli almeno i loro primi mesi di vita e scegliere per loro quella che si ritiene sia l’educazione più opportuna è chiedere troppo, allora, è vero, i giovani hanno tantissime pretese e, almeno per quanto mi riguarda, non sono intenzionata a soprassedere nemmeno una.

La sociologa Chiara Saraceno, in un’intervista rilasciata a l’Unità, analizzando il rapporto Istat 2011 sulla povertà in Italia afferma: “La famiglia, grande ammortizzatore sociale nel nostro Paese, non ce la fa più a reggere il peso, i redditi modesti diventano sempre più vulnerabili e a vederla in prospettiva la situazione non sta affatto migliorando”. E continua dicendo che con il lavoro che va sempre diminuendo, per i giovani, è sempre più difficile riuscire ad essere indipendenti e a lasciare la casa dei genitori, mentre, con i servizi che vanno sempre più riducendosi, le donne sono sempre più costrette a rimanere a casa per dedicarsi al lavoro di cura. Alla domanda: “Una situazione sociale che si fa insostenibile: come arginarla?”, Saraceno risponde di essere molto perplessa quando tutta la spesa sociale viene considerata improduttiva e crede che anche l’istruzione e i servizi, intesi come infrastrutture sociali, dovrebbero essere considerati nel capitolo investimenti.

Vorrei che i nostri genitori e i nostri nonni non dicessero che i giovani “non fanno più figli”, parlando con l’aria di chi ha avuto il coraggio di fare un passo importante e responsabile a chi, impavido e egoista, preferisce pensare solo al proprio benessere. Oggi i giovani, anche quelli che magari un figlio lo vorrebbero, sono stati costretti a scegliere, responsabilmente, di non aver figli perché, prima, devono riconquistare quei diritti e garantirsi quei servizi senza cui è impensabile pensare di costruirsi una vita e una famiglia.



Sara C.


martedì 17 luglio 2012

Unipi - Il questionario


Sei un precario dell’Università di Pisa? Compila il questionario!

Per i precari non sono certo tempi felici e, sia nell’ottica delle ultime riforme del governo Monti sia a seguito della riorganizzazione dell’Ateneo, abbiamo pensato che conoscerci un po’ meglio potrebbe essere un modo per dare vita ad un vero e proprio Coordinamento. L’iniziativa nasce dalla nostra partecipazione al gruppo di lavoro sul precariato che, in collaborazione con le RSU, si è costituito negli ultimi mesi con l’intento di analizzare il tema in tutti i suoi aspetti.

La difficoltà più grande sta proprio nella raccolta del maggior numero di informazioni sulle esperienze lavorative delle persone che compongono quest’ampia “categoria”; ecco perché chiediamo il tuo aiuto!

All'indirizzo zelina@katamail.com potrai richiedere un piccolo questionario da compilare in cui inserire la struttura in cui lavori, la data della tua prima assunzione e altri dettagli che ci saranno certamente utili.

Avere un quadro più preciso della presenza dei precari nel nostro ateneo, e del lavoro che svolgono, è fondamentale per cominciare a difendere i nostri diritti.

Questa occasione vuole essere il passo iniziale verso la costruzione di un gruppo di lavoro.
Ci auguriamo che sarai presente e soprattutto partecipe anche alle prossime iniziative!

Grazie

Coordinamento Precari UNIPI





Unipi - Quello che vogliamo


Resoconto dell’incontro del venerdì 13 luglio, ore 15:00, presso il Polo Carmignani dell’Università di Pisa.

Presenti circa 15 persone dipendenti a tempo determinato, Simone Kovatz, coordinatore delle RSU dell’Università di Pisa e  Francesco Giorgelli, rappresentante del personale tecnico-amministrativo nel Senato Accademico.

Presentazione a turno: grande maggioranza di figure tecniche, grande maggioranza di dipendenti dei
dipartimenti (non Amm.ne C.le), buna percentuale afferenti all’area medica, grande maggioranza di
rapporti di lavoro precari da almeno 3-4 anni, fino ad un massimo di 15.

Obiettivi della riunione: conoscersi e verificare quanto interesse c’è alla questione della rappresentanza e della chiarezza sui contratti a tempo determinato; verificare le scadenze di programmazione del fabbisogno del personale; distribuire un questionario preparato dagli organizzatori dell’incontro per censire e rilevare le informazioni più importanti relative a tutti i dipendenti a tempo determinato.

Criticità emerse:

1) Mansioni lavorative diverse da quelle realmente possedute dalla persona e soprattutto diverse da
quelle specificate nei contratti (tecnici che per la maggior parte del tempo, o per la totalità, effettuano lavori amministrativi e contabili).
2) Mancanza di comunicazione al personale a tempo determinato dei corsi di formazione presenti.
Spesso comunicazione degli stessi affidata al capo ufficio, quindi non verificabile e soggetta a
possibili atteggiamenti discrezionali. Proposta di aggiornamento, da parte dell’Ufficio Formazione,
della mailing list, includendo anche i dipendenti a tempo determinato, presenti su unimap. In
generale mancanza di informazione, anche sulle riunioni RSU e altro.
3) Possibilità di creare un gruppo e di nominare un rappresentante che sia presente alle riunioni e
riporti le richieste specifiche.
4) Grandissima incertezza e non pianificazione delle assunzioni da parte dell’Università. Nuovi
parametri per la regolazione del turn over, in cui entreranno anche i contratti a tempo determinato.
5) Necessità da parte dell’ateneo di gestire correttamente le risorse umane, in particolare quelle a tempo determinato e co.co.co., attualmente presenti e le richieste di personale future, prevedendo necessariamente un piano di fabbisogno di personale che sia ben divulgato e giustificato.
Giorgelli ha detto che , sul punto due, provvederà ad aggiornare la sua mailing list per essere tutti inseriti e quindi per ricevere le informazioni.

Scadenza e obiettivi:

Scadenza di ottobre, quando la rappresentanza sindacale ha richiesto una riunione perché sia presentato il piano triennale di fabbisogno del personale. Kovatz suggeriva di lavorare prima della riunione perché questa non sia una mera riunione informativa da “loro a noi”, senza possibilità di far presenti le proprie richieste.
In particolare entro ottobre occorre:
· Inviare i questionari via mail alla mailing list (entro fine luglio).
· Raccogliere ed elaborare dati (entro fine settembre).
· Convocare ed effettuare una riunione a fine settembre per valutare i dati raccolti
Per il futuro:
Organizzarsi e coinvolgere le persone non presenti.
Stilare una serie di richieste e di criticità.

Coordinamento Precari UNIPI

Unipi - Chi siamo



Siamo un gruppo di colleghi con contratto a tempo determinato dell'Università di Pisa e avvertiamo, mai come in questi ultimi mesi di cambiamenti del nostro Ateneo e del quadro legislativo in materia di Pubblico Impiego e del mercato del lavoro, l'esigenza di conoscerci, condividere le nostre esperienze di precariato, cercare di creare una rete di contatti, attivare un collegamento tra tutti coloro che vivono questa fase in un contesto precario e, via via, sempre meno tutelato.


Inoltre, in vista delle elezioni dei rappresentanti del personale tecnico amministrativo in Senato Accademico e della riunione del corpo elettorale del 16 p.v., riteniamo importante e utile incontrarci e partecipare a questo momento democratico della vita del nostro Ateneo che vedrà per la prima volta esteso il diritto di voto, anche se limitato all'elettorato attivo, al personale tecnico amministrativo a tempo determinato sebbene solo a coloro titolari di contratti di durata superiore ai 2 anni.

Coordinamento Precari UNIPI



venerdì 13 luglio 2012

Secondo Curriculum


Il contrario del gioco non è ciò che è serio, bensì ciò che è reale.
Sigmund Freud

Mi piace giocare ed in particolare interpretare, o vedere interpretati, personaggi di fantasia. I miei sono più famosi di me e sono nominati da Padova a Roma, da Torino a Bari, siano essi appassionati di magia nera o combattenti burberi ma dal cuore buono. In ogni comunità in cui risiedo stabilmente sono uno dei creatori di gioco e sono apprezzato per le idee e il senso di giustizia.

Direi che anche la vita reale, oltre quella virtuale, è stata spesso all’insegna dell’interpretazione e i ruoli in cui mi sono prestato senza forse averne le physique sono: consulente per le risorse umane, bibliotecario, educatore non professionale, cameriere, commerciante, operatore fiscale. Posso dire di aver ottenuto risultati apprezzabili – ma non all’altezza dei miei personaggi di fantasia! – anche in quasi tutti questi casi.
Che sia tutto nato quando da piccolo rendevo concrete nella mia mente le battaglie campali tra i seguaci di He-man e di Skeletor? Oppure, far parte di un’associazione teatrale mi ha ispirato?

Ho fatto parte dell’AtTieSse Associazione Teatro e Spettacolo per circa un decennio e mi sono divertito nell’educare alla socializzazione, all’espressività e alla solidarietà, attraverso la pratica teatrale, diversi ragazzini dai sette ai diciotto anni, sia all’interno della sede dell’associazione, sia in scuole medie inferiori e superiori. In effetti, mi sarebbe piaciuto insegnare ma ho sempre pensato che, anche pure realizzando questo sogno modestissimo, avrei dovuto pagare lo scotto di una vita da precario (ah ah ah ah ah!) e quindi non ci ho mai provato. Anche per pigrizia.

Mi sono laureato in lettere ed ho particolarmente apprezzato soprattutto quegli esami con tassonomie specializzate come le due filologie, romanza ed italiana, e linguistica generale. La mia tesi mi ha fatto discutere un romanzo degli anni Cinquanta, non particolarmente significativo, che ho tentato di interpretare, oltre alla sua letteralità, ricorrendo alle teorie ermeneutiche che più mi hanno affascinato: dalla rilettura freudiana di Orlando, al formalismo storico di Moretti, dal marxismo di Jameson, al cronotopo bachtiniano.  
Chi dice che le parole sono improduttive, dovrebbe guardare all’industria di J. K. Rowling, ai soldi spesi dalle aziende per proporre un marchio od un prodotto attraverso massicce campagne di comunicazione, alle fortune e sfortune che spettano ai politici che scelgono frasi più o meno opportune, al web e a quel mondo virtuale fatto proprio di parole.

Sono un appassionato di nuove tecnologie - pur non possedendo completamente il loro linguaggio - e della rete, perché credo che sia il luogo che più di ogni altro ispira una meritocrazia a partire da una base di pari opportunità e - pur sognando ormai poco, fuori dal gioco - mi piacerebbe poter condividere delle idee che si situino a metà tra la parola e la virtualità.

Francesco C.



giovedì 12 luglio 2012

Il primo Curriculum!


Scrivere il proprio vero curriculum è indubbiamente doveroso - soprattutto dopo aver proclamato a gran voce il diritto e l’opportunità di pubblicarne uno vero (n.d.r.: quello che rispecchia le proprie capacità e competenze e non quello che abbiamo dovuto rendere congeniale alle svilenti richieste degli annunci delle offerte di lavoro) – per chi scrive questo blog, così da esemplificare il progetto che si vuole portare avanti.
E’ una settimana che penso a cosa scrivere: mi sento come una bambinetta golosa di fronte a un chilometrico banco di gusti di gelato! Posso scegliere qualsiasi gusto, qualsivoglia improbabile accostamento di sapori e colori e non mi so decidere!

Nel 2005 mi sono laureata in Cinema, Teatro e Produzione Multimediale presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Pisa, con una tesi dal titolo Il film di famiglia: memoria privata per la storia collettiva. Da marzo 2006 ho incominciato ha lavorare, prima con una serie di co.co.co. e poi con un contratto a tempo determinato, che scadrà definitivamente il 30 settembre 2012, nella segreteria amministrativa del Dipartimento di Biologia dell’Università di Pisa. Di fronte alla scarsità di lavoro e alla giungla di contratti che ti vengono proposti,  rifiutare un incarico in un ente pubblico, anche se con rapporto di lavoro atipico, sembrava veramente buttar via un’occasione importante e così ho iniziato la mia carriera da precaria. Sebbene accettare questo lavoro mi abbia permesso di mantenermi e di comprarmi una casa con il mio compagno, è stato anche un infido anestetico rispetto all’entusiasmo con cui, fino a quel momento, avevo portato avanti i mie studi e col quale sognavo, prima o poi, di riuscire a mettere a frutto tutto il tempo passato sui libri. Iniziare a lavorare subito e impegnarsi per mantenere un impiego che non rispecchiava affatto quello che avrei voluto fare nella vita ha fatto sì che, in realtà , non pensassi mai e non concretizzassi quello che “volevo fare da grande”. Ci ho pensato e ripensato e mi sono detta: “Parli, parli, ma non sai quello che vuoi! Ti senti frustrata perché sei una precaria che fa un lavoro che non la soddisfa, ma non sai nemmeno quello che vorresti fare e non hai la minima idea di dove cominciare per uscire da questa claustrofobica situazione di stallo!”.

Così ora è il momento di buttarsi: superare le inibizioni, riappropriarsi di un po’ dell’incoscienza della bambina in gelateria e fissare dei punti fermi!

Punto numero uno: il mio sogno da acerba studentessa universitaria era diventare documentarista (in realtà non so se questo termine sia quello corretto) per parlare della realtà: in particolare della vita delle persone che mi circondano, attraverso le immagini in movimento, senza per forza avere un intento documentario ma, semplicemente, ponendomi di fronte alle storie degli altri con sincerità.

Thierry Garrel sul documentario:

<<Il documentario non è una macchina per vedere, è una macchina per pensare, sia per chi lo fa, sia per chi lo vede. Mezzo di conoscenza e di espressione a tutto tondo, il documentario resta uno degli ultimi spazi di riflessione offerti al telespettatore-cittadino del nostro tempo. In controcorrente rispetto alle ricette che alimentano insidiosamente un’indifferenza al mondo e agli uomini, il documentario stimola un ascolto più intenso, più attivo, introducendo a dei tempi, delle emozioni e delle riflessioni che lasciano tracce nella memoria dello spettatore.>>

Documentario come antidoto all’indifferenza, all’individualismo patologico, alla falsa memoria e alla rappresentazione della realtà creata dalla televisione. Documentario, per impegnarmi ad instaurare un nuovo rapporto con l’altro. Magari chissà, partendo proprio dal raccontare il mondo dei lavoratori precari.

Punto numero due: mi piace il cinema, la pittura, la video arte e mi piacerebbe occuparmi della divulgazione di opere, esperimenti e performance artistiche. Vorrei lavorare in una situazione, o impegnarmi per crearne di nuove, in cui l’arte si avvicini alle persone in maniera agile: fuori dalle strutture istituzionali e sempre più vicina a tutti noi.
E per finire, ecco il mio curriculum, non quello lavorativo ma il percorso dei miei studi che, sebbene non mi abbiano aiutato nella ricerca di un lavoro, mi hanno entusiasmata tantissimo:

Anno Accademico 2005/2006
Master Post-Lauream di II Livello in Comunicazione Pubblica e Politica svolto presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Pisa

20/10/2005 - Anno Accademico 2004/2005
Laurea Specialistica in Cinema, Teatro e Produzione Multimediale presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Pisa, con una tesi dal titolo Il film di famiglia: memoria privata per la storia collettiva.

Agosto  2003
Partecipazione al documentario “Volti, viaggio nel futuro d’Italia” di Daniele Segre.

Giugno 2003
Partecipazione al Bellaria Film Festival 2003 – Diretto da Antonio Costa, Morando Morandini e Daniele Segre: collaboravo alla realizzazione di un videogiornale quotidiano sulla rassegna cinematografica nazionale dedicata al cinema indipendente italiano.

Anno Accademico 2002/2003
Modulo professionalizzante per Operatore dello spettacolo con competenze nell’allestimento scenico e nell’uso delle tecnologie audiovisive, organizzato dal Corso di Laurea in Cinema, Musica e Teatro e finanziato dal Servizio Educazione Istruzione della Regione Toscana mediante la Misura C.3 del P.O.R. OB 3 “Bando moduli professionalizzanti nelle nuove lauree universitarie” per l’anno accademico 2002-2003

20/12/2002 – Anno Accademico 2002/2003
Laurea Triennale in Cinema, Musica e Teatro presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Pisa.
Durante la partecipazione, mediante uno stage previsto dal corso di studi, alla creazione del documentario S’era tutti sovversivi (dedicato a Franco Serantini), regia di Giacomo Verde, sui primi anni ’70 e la contestazione studentesca a Pisa. La produzione del video si articolava in due fasi: la prima era rivolta alla ricerca di fonti e documenti storici, la seconda riguardava più da vicino le riprese e in montaggio del documentario stesso (http://www.verdegiac.org/sovversivi/).

 Sara C.



domenica 8 luglio 2012

La sindrome dell'ambizione


Il verbo ambire ha come originario significato: girovagare in cerca di uffici e voti al fine di garantirsi un’ascesa sociale od economica significativa. Per molti secoli, l’ambizione, è stato un costume disdicevole e l’ambizioso – tutto proteso nel tentativo di modificare la propria posizione entro una scala gerarchica che si credeva determinata dagli universali – un individuo biasimevole.  Il riscatto dell’ambizione, da un punto di vista assiologico, avviene in Francia nel periodo postrivoluzionario: un giovane nobilotto di provincia, corso, assurge in pochi anni al rango di imperatore. E’ il 1804.

Tutto il XIX Secolo francese è caratterizzato dalle figure di giovani provinciali, ambiziosi ed affascinanti, ispirati dalle grandi imprese di Napoleone Bonaparte e desiderosi di emularne le gesta. Per la maggior parte, la loro vicenda, il loro romanzo di formazione, sarà sanzionato con la sconfitta più a causa di una società ingiusta, incapace di elevare il merito oltre il lignaggio, che per incapacità. Eppure, è proprio attorno al tentativo ambizioso di cambiare la propria originaria condizione, attraverso superiori qualità, che si organizza un racconto in grado di attrarre generazioni diverse di lettori e indurre un’immedesimazione proprio con l’ambizioso, sia esso Julien Sorel o Eugène de Rastignac.

Ai giorni di oggi una divertentissima rappresentazione di una gioventù dalle qualità intellettuali e morali invidiabili è offerta dalla sit-com The Big Bang Theory che mette in scena un quartetto di ricercatori universitari in California, non molto ricchi, bruttini, desiderosi di una vita sentimentale appagante. L’unico, tra i protagonisti, che sottomette il valore della socializzazione a quello del successo professionale è l’ambizioso Sheldon Cooper che sogna di raggiungere il premio Nobel e di svelare i misteri dell’universo con lo studio della fisica. Ma nessuno si potrebbe identificare con lui: misantropo, cinico, ossessivo a tal punto da aver fatto ipotizzare agli spettatori di essere affetto dalla sindrome di Asperger.

Sono passati centocinquant’anni e l’ambizione è di nuovo qualcosa da cui prendere le distanze: un’istanza patologica, alienante. Come insegna Mark Zuckerberg il successo non può più essere pianificato, non esiste una ricetta che vi conduca; è piuttosto un accidente, proprio come accadeva a quelle figure letterarie, nate prima dell’Ottocento, che riscattavano la propria condizione attraverso l'agnizione o il ritrovamento prodigioso di un tesoro.

Francesco C.


Big Bang Precario!


domenica 1 luglio 2012

Della serie: I soliti ignoti erano dei professionisti...


Ho scoperto che sul sito web dell’ANSA esiste una sezione, tra gli Speciali, denominata Storie dalla crisi. Attira la mia attenzione questo titolo: Senza lavoro e con sfratto, operario si improvvisa rapinatore. Colpi in sala slot per pagare bollette e trasloco, arrestato. Nel dettaglio si legge: "Senza lavoro e costretto a lasciare casa entro la fine del mese si improvvisa rapinatore seriale di slot. Quarantasette anni, della provincia di Udine, ex operaio del settore edile, senza lavoro da circa un anno, è stato sottoposto a fermo dalla Squadra Mobile di Udine su indicazione del Pm quale presunto autore di due rapine e di una terza tentata messe a segno il 14, 20 e 22 giugno in una sala slot a Udine”.

In un primo momento mi ci viene un po’ da ridere, perché la descrizione del rapinatore mi fa venire in mente i personaggi de I soliti ignoti di Monicelli: i protagonisti sono il fotografo Tiberio Braschi, con un figlio e la moglie in carcere per traffico di tabacchi, il siciliano Michele Ferribotte Nicosia, il vecchio ladro esperto Dante Cruciani - che insegna il mestiere ai giovani delinquenti - ditemi se non potrebbe pure essere scritturato l'operaio esperto nella rapina di slot!

L’articolo segue: “Accompagnato in questura ha ammesso le sue responsabilità spiegando il gesto per la disperazione. I tremila euro frutto della prima rapina li avrebbe usati per pagare le bollette e il trasloco dall’abitazione che divide con l’ex moglie e che deve lasciare entro fine mese, non riuscendo più a pagare l’affitto”.

Lungi da me scagionare l'operaio o trovare una motivazione razionale che giustifichi la sua reazione ma - ammetto - che certe vicende non mi scandalizzano affatto e che, potrà sembrare assurdo, mi inteneriscono quasi! Sull’onda della commozione e del sentimentalismo mi viene da pensare che ci hanno proprio messo alle corde e che, come il pugile di Monicelli, Giuseppe - Peppe er Pantera - Baiocchi, l’avventura del nostro rapinatore amatoriale si concluderà senza un happy end e senza nemmeno potersi rinfrancare con un piatto di pasta e ceci della Nicoletta!

Non so perché, ma questa vicenda mi fa venire questa celebre battuta tratta proprio da I soliti ignoti:

- Dimmi un po’ ragassolo, tu conosci un certo Mario che abita qua intorno?
- Qui de Mario ce ne so cento.
- Oh sì va bene, ma questo l’è uno che ruba…
- Sempre cento so.

Sara C.




 
Design by Free WordPress Themes | Bloggerized by Lasantha - Premium Blogger Themes | Hot Sonakshi Sinha, Car Price in India