Ma quante volte vi siete sentiti porgere la fastidiosa e
sempre inopportuna domanda “Ma quando ti decidi a fare un figliolo?”.
L’ultima volta mi è capitata qualche giorno fa sull’autobus
mentre tornavo dal lavoro: una gentile anziana signora, con cui non ho una
confidenza tale da esporle i progetti per il mio precario futuro, seduta sul
seggiolino dietro il mio, mossa non so da qualche spinta di malsana e sgradita
curiosità, assale il timpano del mio orecchio con la fastidiosa domanda “Ma
quando ti decidi a fare un figliolo?”
Ed ecco che sento tutti gli occhi dei passeggeri, fino ad allora
mollemente abbandonati al traballante incedere dell’autobus, rivolti verso di me
con sguardo interrogativo. Io balbetto qualcosa sulla crisi, sul mio lavoro, mi
giustifico ben sapendo che non sono assolutamente tenuta a dare alcuna spiegazione
e vado nel panico. E così la gentile anziana signora mi interrompe: “Voi
giovani non siete mai contenti, vi manca sempre qualcosa e avete troppe pretese”.
Fortuna, o sfortuna, che sono una persona educata, non mi piace essere
offensiva e sono pacifista, eppure in quel momento avevo una voglia
incontenibile di sbattere il libro che avevo in mano sul naso impiccione della
gentile anziana signora, di accompagnare il gesto con uno sproloquio di
aggettivi sprezzanti e di mandare tutti gli altri passeggeri a quel paese. E
fortuna che ero avvolta dalle sorridenti e magiche pagine di Dona Flor e i suoi mariti e che ho
preferito ignorare tutti e dedicarmi alle vicende esoteriche di Flor e Vadinho.
Ecco quello che avrei voluto dire all’anziana gentile
signora: è vero, oggi noi giovani non siamo mai contenti perché non possiamo
più esserlo di uno Stato che chiede sempre maggiori sacrifici e offre sempre
meno. Ci manca sempre qualcosa perché ci manca il lavoro, i mezzi di
sostentamento per appropriarsi della propria indipendenza e del proprio
futuro e, ormai, ci vengono
letteralmente negati (non ci possiamo certo dimenticare dell’infelice frase
dell’attuale Ministro del Lavoro Elsa Fornero “Il lavoro non è un diritto”)
anche i diritti fondamentali della nostra Costituzione. E se volere un lavoro
fisso e un contratto che tuteli la maternità, voler poter scegliere di
trascorrere con i propri figli almeno i loro primi mesi di vita e scegliere per
loro quella che si ritiene sia l’educazione più opportuna è chiedere troppo, allora,
è vero, i giovani hanno tantissime pretese e, almeno per quanto mi riguarda,
non sono intenzionata a soprassedere nemmeno una.
La sociologa Chiara Saraceno, in un’intervista rilasciata a
l’Unità, analizzando il rapporto Istat 2011 sulla povertà in Italia afferma:
“La famiglia, grande ammortizzatore sociale nel nostro Paese, non ce la fa più
a reggere il peso, i redditi modesti diventano sempre più vulnerabili e a
vederla in prospettiva la situazione non sta affatto migliorando”. E continua
dicendo che con il lavoro che va sempre diminuendo, per i giovani, è sempre più
difficile riuscire ad essere indipendenti e a lasciare la casa dei genitori,
mentre, con i servizi che vanno sempre più riducendosi, le donne sono sempre
più costrette a rimanere a casa per dedicarsi al lavoro di cura. Alla domanda:
“Una situazione sociale che si fa insostenibile: come arginarla?”, Saraceno risponde
di essere molto perplessa quando tutta la spesa sociale viene considerata
improduttiva e crede che anche l’istruzione e i servizi, intesi come
infrastrutture sociali, dovrebbero essere considerati nel capitolo
investimenti.
Vorrei che i nostri genitori e i nostri nonni non dicessero che
i giovani “non fanno più figli”, parlando con l’aria di chi ha avuto il
coraggio di fare un passo importante e responsabile a chi, impavido e egoista,
preferisce pensare solo al proprio benessere. Oggi i giovani, anche quelli che
magari un figlio lo vorrebbero, sono stati costretti a scegliere,
responsabilmente, di non aver figli perché, prima, devono riconquistare quei
diritti e garantirsi quei servizi senza cui è impensabile pensare di costruirsi
una vita e una famiglia.
Sara C.
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