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sabato 23 giugno 2012

Precariamente - Little Miss Public Competition



Qualche mese fa diversi quotidiani hanno pubblicato articoli che proclamavano sfacciatamente come, in molti concorsi per l’assunzione di personale, si presentino troppo spesso candidati impreparati e poco motivati. Allora giù con articoli e opinioni per ribadire quanto i giovani siano svogliati, sfigati e bamboccioni.

Ora, eviterò la sequela indecorosa delle risposte sincere che vorrei offrire ai redattori e mi limiterò a parlare di me stessa - e non è perché sia particolarmente egocentrica - ma perché circa il prepararsi per affrontare un concorso pubblico ho, ormai, la mia discreta dose di esperienza.

Fin da quando frequentavo l’università, sono sempre stata una di quelle studentesse che non avrebbero mai sostenuto un esame se prima non avevano passato in rassegna ogni centimetro quadro dei libri in programma. Poi, dato che non volevo assolutamente dare l’idea di essere una di quelle che imparano la lezione a pappagallo, per fare mia la materia di studio, trascorrevo giornate a indottrinare la pianta sul davanzale della finestra. Se poi la materia mi appassionava, mi lasciavo anche andare a qualche lettura consigliata o scovata nella bibliografia di qualche testo d'esame. Ho mantenuto le stesse buone intenzioni anche per prepararmi ai concorsi: cerco di digerire gli statuti e i regolamenti - che non puoi far altro che ripetere all’infinito - mi documento sulla professione che potrei essere chiamata a svolgere e sulle attività dell’ente che bandisce la selezione pubblica. 

Sono andata avanti così, sicura che lo studio e l’impegno avrebbero prima o poi dato i loro frutti, finché, dopo essermi scontrata con uno, due, infiniti concorsi in cui al massimo riuscivo a piazzarmi esima in graduatoria, non ho sconsolatamente realizzato che l’impegno o lo studio incidono sul risultato di un concorso, sì e no, per una percentuale decisamente insufficiente se la tua aspirazione è quella di raggiungere almeno lo scalino più basso del podio.

Ripenso ad uno dei concorsi che ho fatto, circa un anno fa: io, immobile e stordita,  con le dispense tra le mani, le matite da scolaretta e la cioccolata fondente per i cali di pressione, catturata in una fitta rete tessuta con sorrisini ammiccanti scambiati, evidentemente, tra vecchie conoscenze, rapporti di convenienza ed accordi diplomatici che vanificano tutti i miei sforzi e neutralizzano le mie aspettative.

Mi sento come Olive che si esibisce per conquistare il titolo di Little Miss Sunshine a Redondo Beach: sulle note di Superfreak di Rick James; mi aggiro, ingenua, impacciata e fuori luogo, tra gruppetti di candidati che, dall’aspetto deciso e debordanti autostima,  sembrano tutti più preparati e intraprendenti di me!

Nonostante non abbandoni il mio patologico approccio da studentessa diligente tendente al secchione, sono decisamente molto meno ingenua di quando frequentavo l’università e sono stanca, emotivamente e mentalmente, di farmi prendere in giro partecipando a concorsi in cui solo io non conosco il nome del vincitore. Ed è per questo che dico che non è il caso di allibire se i candidati si presentano ai concorsi impreparati e poco, o per niente, motivati:  di fronte all’impossibilità di contare sulle proprie capacità e sui propri sforzi, l’unica risorsa rimane quella di tentare la sorte e di provare un concorso come si compra un Gratta e vinci al tabacchino.

Ed io, come Olive, con l’animo pieno di dubbi e di insicurezze, ma forte della mia integrità e della consapevolezza di avere di fronte delle persone che credono in me, vado avanti e mi esibisco fino alla fine.




Sara C.

 
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