<<"La peggiore ingiustizia della
disoccupazione: vi obbliga ad accettare il primo posto che vi si offre, fosse
anche il più contrario alla vostra vocazione, con la minaccia di passare per un
perdigiorno e di vedersi rifiutare ogni specie di aiuto e di considerazione
amichevole. Beneficio corrispondente: si è costretti a scegliere nettamente tra
la propria vocazione e l'opinione."Si tratta di una delle ultime considerazioni proposte da
Denis De Rougemont nel suo Diario di un intellettuale disoccupato (Fazi
Editore, Roma 1997, pag. 216), pubblicato per la prima volta nel 1937, in
Francia. Parole che calzerebbero a pennello come commento a una delle tante
scene girate nel bar dove si ritrovano gli amici protagonisti di I
lunedì al sole: la scena del litigio, quella in cui l'unità, invocata da
Santa (Javier Bardem) come unica risposta efficace alla politica dei
licenziamenti, viene derisa con sufficienza da chi ha ancora un lavoro. La
stessa unità che, tra amici, colleghi, compañeros e familiari, appare poi come
l'unica reale soluzione, quasi un imperativo, per aprirsi una via di
scampo.>>
Nonostante il voto contrario dell’organizzazione studentesca Sinistra
Per e il parere critico delle RSU, il Consiglio di Amministrazione
dell’Università di Pisa ha approvato l’aumento delle indennità del Rettore, del
Prorettore Vicario, dei numerosi prorettori, dei Direttori dei Dipartimento e i
gettoni di presenza destinati ai Consiglieri di Amministrazione. Le indennità
vanno ad aggiungersi a stipendi superiori ai 45.000 euro, che in molti casi toccano
i 90.000 o 100.000 euro.
In un comunicato stampa congiunto, le RSU di Pisa dichiarano:
<<In ragione del difficile momento che il paese attraversa e
considerando la scarsità di risorse a disposizione per il sistema
universitario, oltre al totale blocco degli stipendi che coinvolge gran parte
del personale pubblico, questa decisione di pare francamente fuori luogo e
quasi offensiva.(…) Intendiamo dunque fare i nostri complimenti al Rettore per aver
raggiunto i primi posti anche per le indennità percepite rispetto agli altri
Atenei l’Italia e ricordargli che, ad un mese e mezzo dalla riorganizzazione
complessiva dell’Ateneo e al trasferimento coatto del personale
tecnico-amministrativo alle nuove strutture, ancora attendiamo risposte ai
problemi che da mesi gli sottoponiamo e che gli sottopongono le nostre colleghe
e i nostri colleghi, sbalzati da un ufficio all’altro senza indennità, aumenti
di stipendio e considerazione della loro dignità e professionalità.>>
Per saperne di più, contatta il SITO
delle RSU di Pisa.
Proprio quando finalmente decido di buttarmi, leggiadra e senza paura,
nella danza della ricerca di un’occupazione tra i siti dedicati alla ricerca o
all’offerta di lavoro on-line, su miojob.repubblica.it
leggo che dal mercato degli annunci di lavoro sul web arrivano
pochissimi riscontri positivi e che a settembre le ricerche di personale su
Internet sono state inferiori al due per cento rispetto allo stesso mese dello
scorso anno.
Ormai, però, mi sono lanciata e decido di portare avanti il mio piano d’azione
contro il precariato ed inizio a creami un account su alcuni dei siti dedicati
al lavoro.
La maggior parte dei siti prevedono la compilazione di un profilo, che
in alcuni casi può essere collegato a quello di Facebook, e la pubblicazione di
un curriculum vitae ricercabile dalle aziende. Niente di particolarmente
complicato: bisogna parlare di sé, della propria formazione e delle precedenti
esperienze lavorative. E allora perché non riesco a concludere la compilazione
di un profilo come si rispetti o, almeno, come spiegano le cortesi e puntuali
indicazioni fornite dagli espertoni dei vari siti? Sarà quel pulsantino, in
fondo a destra della pagina, con indicato “carica il tuo CV” e quella miriade
di informazioni, consigli e dritte ammiccanti che circondano la pagina e che,
promulgando una competenza e un’affidabilità che a me mette solo ansia, cercano
di inculcarci nella testa l’importanza fatale di quello che scriviamo?
Tanto per fare qualche esempio, Monster.it insegna: “Tutto comincia dal
Curriculum Vitae: la ricerca di un lavoro, la speranza di essere chiamati per
un colloquio. (…). Il CV risponde alla domanda: - Perché l’azienda dovrebbe
investire il suo tempo e il suo denaro su di me?-“. “La presentazione del
proprio Curriculum Vitae è la prima impressione, quella su cui puntare tutto:
dimostrare di essere candidati ideali è difficile, ma non impossibile”. “La
parola chiave è differenziazione. Ma come uscire dalla massa di CV che arrivano
numerosi ogni giorno nelle caselle di posta elettronica o sulle scrivanie di
selezionatori e responsabili delle risorse umane?”. Dal motore di ricerca dal
Corriere della Sera: “Per scrivere un buon curriculum, cioè che possa davvero
interessare chi lo legge, non bisogna commettere l’errore (davvero comune) di
descrivere una storia piatta e generica, validi per tutte le occasioni. (…) E’
bene ricordare che la propria storia professionale non ha un valore assoluto,
ma di volta in volta quello che il nostro interlocutore le attribuisce,
rispetto alle specifiche esigenze di copertura del determinato ruolo”. Invece
sul sito della Regione Toscana, che parla addirittura di “arte di scrivere il
CV”, leggo: “un CV non deve essere scritto pensando ad un lavoro in particolare
ma deve potere essere utilizzato in diverse circostanze. Così sarò possibile
concorrere per 10 differenti lavori in un solo giorno poiché andrà compilata
solo la lettera di accompagnamento che dovrà essere di poche sintetiche righe.”
Invece di chiarirmi le idee, questi consigli fanno scaturire in me un
fiume di domande dal tono decisamente polemico e tendenzioso: ma perché devo
dimostrare di essere un “candidato ideale”? Uscire dalla massa? Ma di che massa
stiamo parlando? Della moltitudine di precari e disoccupati risultato di scelte
politiche condivise che scaricano il peso della crisi sulle classi medio-basse
e che continuano a ripeterci che dobbiamo adattarci e accettare i sacrifici?
Concorrere per 10 differenti lavori in un solo giorno? E’ vero che ormai
trovare un lavoro è come vincere la lotteria, ma allora che dobbiamo fare:
comprare più biglietti per aumentare le probabilità?
In un post
di qualche mese fa, dopo aver letto un articolo de L’Espresso dal titolo Dammi
il tuo curriculum e ti dirò chi sei, avevo già raccontato le mie perplessità
nei confronti dei suggerimenti che, come formule magiche, vogliono far credere
di avere la chiave per uscire dallo stallo della disoccupazione, della
precarietà e avevo concluso con la considerazione che non sarei stata capace di
scrivere un curriculum vitae interessante. Oggi mi rivaluto e mi dico che forse
la mia incapacità di redigere un CV che mi soddisfi è il riflesso di un rifiuto
a scendere a patti con un sistema di reclutamento che trovo arbitrario e
frivolo. Non credo che sperare di trovare un lavoro sbattendo le proprie
capacità e competenze sulle vetrine dei siti che si occupano di lavoro possa
offrire dei risultati concreti e soddisfacenti. Per esperienza diretta e per la
situazione che sto vivendo in questo periodo, penso che un passo fondamentale
per una riforma del lavoro rivolta a diminuire il precariato e la disoccupazione,
sia quello di creare dei veri e proprio momenti di incontro tra richiesta e
offerta di lavoro, valorizzando in toto l’esperienza e la formazione dei
candidati, dando la possibilità, anche a chi a colpo d’occhio non sembra il
candidato ideale, di dimostrare le proprie capacità di apprendimento e di
interazione. Non si tratta di buttare là degli slogan per far prediligere un
detersivo a un altro fra la miriade di prodotti che troviamo su uno scaffale
del supermercato: si tratta di esistenze, carriere ed anni di impegno nello
studio che hanno diritto ad una vita dignitosa.
Dal comunicato della prima assemblea
nazionale che si è svolta a Firenze lo scorso 10 novembre:
<<Oltre 300
studenti e lavoratori si sono riuniti alla Fortezza da Basso a Firenze, in
un'assemblea di 5 ore, a parlare di precarietà, welfare, innovazione, nuovomodello di sviluppo. In un dibattito
pubblico lontano anni luce dalla realtà, schiacciato tra tecnocrazia e
populismo, ci mettiamo in rete per superare la retorica della generazione
perdutache rivendica le
briciole di un sistema di welfare in rovina e lanciare invece una sfida di
lavoro a lungo termine per un cambiamento profondo della società. Cambiare il paese
per non dover cambiare paese significa prendere coscienza come generazione del
proprio ruolo di forza produttiva del paese, di risorsa necessaria aqualsiasi percorso
di uscita dalla crisi, e farsi carico di questo ruolo senza paura, rivendicando
gli standard di dignità e diritti necessari a non dover emigrare e amettersi al
servizio di questo percorso. (…)Da oggi non stiamo
più zitti, da oggi vogliamo essere protagonisti. Da oggi parte il nostro
percorso: nelle prossime settimane formeremo comitati territoriali in tuttaItalia, nella
difficile operazione di organizzare i disorganizzati, attraverso vertenze
locali e regionali, attraverso la partecipazione a percorsi già in campo come
lalegge di iniziativa
popolare per il reddito minimo e il referendum su articolo 8 e articolo 18,
attraverso la scambio di esperienze e buone pratiche, attraverso unpercorso di
dibattito ed elaborazione per dotarci delle proposte e degli strumenti
necessari a costruire un paese più giusto, da cui non si sia più costretti ascappare.>>
Per firmare
l’appello on-line e aderire all’iniziativa, consultare il sito:
Emanato il decreto che fissa i criteri e i contingenti per
l’assunzione del personale universitario.
Sul sito del MIUR è stato pubblicato il Decreto Ministeriale22 ottobre 2012 n. 297 "criteri e
contingente assunzionale delle Università statali per l’anno 2012".
Il
Decreto, emanato in applicazione della Legge 240/2010 e delle norme che si sono succedute nel tempo in materia di
assunzioni di personale universitario,
determina il limite delle assunzioni di personale a tempo indeterminato e di ricercatori a tempo
determinato per gli anni 2014, 2015 e 2016. Il Decreto definisce, Ateneo per
Ateneo, sulla base disposizioni legislative
fissate dal D.lgs 29 marzo 2012, n. 49 e della cosiddetta spending
review, i punti organico che possono
essere utilizzati per l’anno corrente. Un punto organico corrisponde ad euro 120.151 ed è il costo
medio nazionale di un professore di I fascia. Ogni Ateneo statale è autorizzato
ad utilizzare i Punti Organico nella misura in
cui si determini una differenza positiva tra la rispettiva attribuzione
effettuata dal decreto e la somma dei
Punti Organico eventualmente già
utilizzati nell'anno in corso nel rispetto dei diversi regimi assunzionali vigenti. Per saperne di più. consultare il
sito dell’FLC CGIL a questo indirizzo:
Siamo stati storditi con gli effetti speciali emessi dalla
retorica del sapere del nuovo governo tecnico ed inebriati dai claims equità,
liberalizzazioni e patrimoniale – quest’ultima proposta persino da Confindustria – siamo stati dapprima riportati alla realtà con la riforma pensionistica – gli
esodati ancora ringraziano – e l’Imu; infine, la realtà è diventata un po’ più
grigia a causa della riforma del lavoro targata Fornero - che se da una parte
limiterà gli abusi riguardo ai contratti a progetto e alle partita Iva, dall’altro
non incentiva in alcun modo le imprese ad assumere e, ancor peggio, permette
di liberarsi dei subordinati antipatici, liquidandoli con al massimo
ventiquattro mensilità.
Eppure, niente ci apparirà tanto desolato come al momento in
cui il famigerato e sinistro ddl stabilità vedrà la luce. Il ministro Grilli
dovrà prima o poi ammetterlo che si sta divertendo un sacco perché altrimenti desterebbe dubbi, circa le sue
competenze, il testardo tentativo di far apparire un bastone dalle proporzioni
gargantuesche una carota. E’ vero, i due scaglioni più bassi (entro i 15000 € la nuova aliquota stabilita è del 22% ed entro 28000 € quella del 26%) avranno
un taglio dell’Irpef che si concretizzerà – udite, udite – in, al massimo, 280
€ annue per il reddito di 28000 €. E’ probabile che gli italiani non abbiano
tasche sufficientemente capienti!
A fronte di questo risparmio quasi irrisorio,
si prospetta un aumento di un punto percentuale dell’IVA e, conseguentemente,
un probabile rincaro dei consumi che inciderà sui risparmi non solo delle due
fasce di reddito agevolate dalla riforma ma anche delle altre.
Democraticamente. Se non bastasse, ecco le orride franchigie sulle detrazioni e
sulle deduzioni per le spese previste dagli articoli 10 e 15 del Tuir, a parte
talune eccezioni come le spese per servizi di interpretariato dai soggetti
riconosciuti sordomuti o le erogazioni liberali per il sostentamento del clero
e della Chiesa cattolica, giacché si rischia che il Vaticano con tutto l’Imu
che (non) pagherà si ritrovi in braghe di tela.
Dunque, per portare esempi concreti, si potrà cominciare a detrarre
dalle imposizioni trattenute, Irpef e Addizionali, il 19% delle spese mediche
sostenute durante l’anno solo a partire da un centesimo oltre le 250 €, come
ugualmente avverrà per gli interessi passivi sui mutui per l’acquisto della
prima casa o ancora per le assicurazioni vita, le spese per l’istruzione dei
figli e sportive. Inoltre, è stato posto un tetto massimo di 3000 € - da cui
sono esclusi i redditi inferiori ed eguali a 15000 € (ma tanto sono per la stragrande maggioranza incapienti e quindi non saranno avvantaggiati in nessuna maniera) – sulle spese
detraibili che condurrà ad un saldo massimo di 570 €.
Se questo governo vuole combattere l'evasione, direi che
ha sbagliato totalmente la strategia da adottare.
In ogni medical drama che si
rispetti arriva sempre la puntata in cui qualche problematica adolescente, per
svista o per violenza, rimanga incinta e decida, vuoi perché è troppo giovane,
perché si trova in una situazione di indigenza oppure perché ha deciso di
ritornare sulla retta via, di dare il figlio in adozione ad un’accogliente,
serena e garbata famigliola. Nella maggior parte degli episodi, però, succede
che la giovane e sprovveduta madre, al contatto con il tenero pargoletto,
decida di sfidare le insidie della vita e scelga di tenere il figlio con sé: a
questo punto, a parte qualche secondo di amarezza per i genitori adottivi
mancati, tutto si tinge di rosa/celeste, i problemi insormontabili svaniscono e
la ragazzina spettinata e imprudente si trasforma in una giovane donna risoluta
e sicura di sé. Come si dice: “sono telefilm”, “è solo fiction”.
E' solo fiction, e non ci sono dubbi, perché la situazione, almeno in
Italia, è ben diversa.
La giornalista Laura Bastianetto, in un articolo pubblicato su Scienza
e Salute, racconta il suo viaggio nel reparto per l’interruzione volontaria di
gravidanza (Igv) dell’Ospedale San Camillo-Forlanini di Roma dove ogni giorno
si effettuano dieci interventi tra quelli chirurgici e quelli medici (pillola Ru 486). La Dott.ssa Giovanna Scassellati, responsabile
del reparto, alla domanda su chi siano le donne che scelgono di sottoporsi
all’interruzione di gravidanza, dichiara:
“Tra il 2010 e i primi 8 mesi del
2012 abbiamo assistito solo 4 minorenni, più di una buona fetta nella fascia
d’età tra i 18 e 25 anni, con un picco tra i 26 e i 45. Per il 45% si tratta di
ragazze con diploma, il 35% ha la laurea e il restante 20% l’attestato di
scuola media”.
E, durante i colloqui con lo psicologo, alla domanda sui motivi che
hanno portato alla decisione di interrompere la gravidanza, le pazienti
forniscono sempre risposte riconducibili alla crisi economica : “precarietà lavorativa”,
“mancanza di risorse economiche”, “sono disoccupata”, “non posso lasciare il
mio lavoro per accudire il bambino”, “mio marito è disoccupato”, “questa
gravidanza mette a rischio l’attività lavorativa”, “non sono pronta ad avere un
altro figlio”. Si tratta di donne adulte, con relazioni stabili, occupate, con
livello di istruzione medio alto che decidono di abortire perché rischiano di
perdere il lavoro.
D’altra parte, proprio l’altra settimana, il nostro Premier Mario Monti,
durante la visita alla Barilla in occasione dell’inaugurazione dello
stabilimento di Rubbiamo, si rivolge alla cittadinanza dicendo “Il mondo ci sta
guardando per come questa popolazione sta reggendo a questa prova dura e
amara, dando prova dell’appartenenza a un Paese che forse si sta rendendo conto
che sta cambiando per il meglio. (…) Il popolo italiano sta dando il meglio di
sé”.
A questo punto, mi chiedo: ma sto guardando un servizio del telegiornale o
un fiction di Raiuno? Oppure: ma Monti conosce veramente la situazione del
paese che sta governando o si aggiorna guardando I Cesaroni con Elsa Fornero?
Vabbé, vista la realtà, voglio sprofondare anch’io nella finzione e
chiudo lasciandovi con una frase del film American Life:
I bambini resistono. Sono
predisposti geneticamente. Sono già fottuti usciti dalla pancia, avranno un
cellulare, se la caveranno!